Roma, 7 ago. (LaPresse) – “La maggioranza in questi mesi non è mai mancata e mai mancherà, vedendo i numeri”. Così il premier e segretario del Pd, Matteo Renzi, chiudendo i lavori della direzione nazionale del partito al Nazareno.

Eppure i dubbi ci sono. La larga intesa questa volta è tra la minoranza Pd e i gruppi di opposizione. Obiettivo: un Senato eletto dai cittadini. I numeri parlano chiaro. Il pallottoliere raggiunge quota 167 senatori, quindi pare proprio che il governo non avrà la maggioranza in aula.

Oltre ai 28 ribelli dem, del fronte del “no” al disegno di legge di riforma costituzionale fanno parte i 12 parlamentari delle Autonomie, i 7 di Sel, i 36 del Movimento 5 Stelle, i 45 senatori di Forza Italia, i 12 senatori della Lega Nord, il voto di Vincenzo D’Anna (gruppo Ala di Verdini), i 7 di Gal guidati da Mario Mauro, i 10 senatori fittiani di Conservatori riformisti, i 7 ex 5 Stelle e i due Idv.

Sono stati tutti loro a presentare proposte di modifica che stravolgono, nei fatti, la riforma del Senato. Con buona pace dello stato maggiore del Pd che non intende “ricominciare tutto da zero”. Così il disegno di legge Boschi va in vacanza (la discussione in commissionare Affari costituzionali al Senato ormai riprenderà a settembre) con il peso di oltre mezzo milione di emendamenti, esattamente 513.449. Emendamenti che, non solo chiedono che il Senato sia elettivo ma, propongono anche di equiparare i poteri di Palazzo Madama a quelli di Montecitorio.

Lo strano asse che attraversa tutte le opposizioni e che arriva fino ai “ribelli Pd” fa irritare, e non poco, il fronte renziano, che non si aspettava una convergenza così larga. “Vi sarebbero le condizioni per un’intesa ampia per il Senato elettivo”, annuncia a metà pomeriggio Vannino Chiti, alla luce degli emendamenti depositati.

Il record spetta a Roberto Calderoli della Lega Nord con le sue 510.293 proposte di modifica. Il peggio però potrebbe ancora arrivare. “Seppellirò l’aula del Senato con un milione di emendamenti”, annuncia l’ex ministro delle Riforme. Forza Italia, per parte sua, ha depositato 1.075 proposte di modifica. Sel è a quota 1.043 emendamenti. Il Pd ne ha presentati 63, alcuni arrivano anche dalla maggioranza ma non chiedono modifiche sostanziali. Il Movimento 5 Stelle ne conta 194 e il capogruppo al Senato, Gianluca Castaldi, chiede a Renzi di spiegare agli italiani perché non vuole un Senato elettivo. Le proposte di modifica dei pentastellati puntano a un’assemblea di Palazzo Madama eletta direttamente dai cittadini e ad affidare al tempo stesso più poteri agli elettori tramite referendum consultivi e propositivi.

Quella degli emendamenti è una vera e propria carica contro il Governo. È come se, sulla strada delle riforme, fosse stata posta una bomba ad orologeria. E il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini, prova a disinnescarla così: “Siamo sempre disponibili a confrontarci e a portare miglioramenti al testo ma diciamo che sono possibili cambiamenti purché non riportino al punto zero il cammino della riforma”.

Su un ritorno al dialogo con Forza Italia, la vicesegretaria del Pd, Debora Serracchiani, fa sapere che “se le altre forze politiche vorranno discutere saremo sempre disponibili. Non è un patto del Nazareno ma un impegno a coinvolgere tutte le forze in Parlamento”. Forze politiche che però al momento sono su un’altra strada.

Alla fine il capogruppo del Pd a Palazzo Madama, Luigi Zanda, lancia un appello ai senatori della minoranza dem: “Sciogliamo i nodi in commissione, per evitare il disordine politico in aula”. E ancora: “La compattezza del gruppo è l’elemento decisivo per la tenuta del quadro politico e della legislatura”. Parole così sembrano quasi l’ultima chiamata per evitare che il macigno degli emendamenti distrugga, non solo i pilastri delle riforma costituzionale ma anche, il partito stesso.

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