Napoli, 24 giu. (LaPresse) – La sospensione per effetto della legge Severino non è applicabile al caso del neogovernatore della Regione Campania Vincenzo De Luca, condannato per abuso d’ufficio a un anno di reclusione. E’ quanto si legge in un parere a firma congiunta degli avvocati Giuseppe Abbamonte e Pietro Rescigno, consegnato alla presidenza del Consiglio dei ministri, al ministero dell’Interno e al ministero per gli Affari regionali. Per i due legali incaricati dall’ex sindaco di Salerno, la legge Severino “è viziata da innegabile, patente eccesso” su due profili: innanzitutto “per l’inspiegabile deroga che per il reato di abuso d’ufficio opera rispetto al generale principio del carattere definitivo dell’accertamento giudiziale del reato” e “per l’inequivoca mancanza del carattere che devono rivestire i reati suscettibili della detta individuazione, nel senso del grave allarme sociale che ne provoca la concreta verificazione”. Ingiustificata, secondo Abbamonte e Rescigno, “la (limitata) discrezionalità accordata al legislatore delegato col ravvisare nella particolare fattispecie ragioni di grave allarme sociale, solo che si consideri l’uniforme giurisprudenza sul concetto di allarme sociale e altresì la casistica sull’abuso d’ufficio”. Del resto, sottolineano, già è stata rimessa la questione al vaglio della Corte Costituzionale per eccesso di delega, violazione dei principi di irretroattività e disparità di trattamento, e sono stati ripristinati nella carica il sindaco di Napoli De Magistris e l’ex assessore pugliese Fabiano Amati.
La legge, proseguono i legali di De Luca, ha delimitato il potere del Governo in tema di sospensione e decadenza da cariche pubbliche, “unicamente per sentenze di condanna intervenute successivamente all’assunzione della carica”. Cosa che, ricordano, non avviene nel caso in esame, visto che la sentenza nei confronti di De Luca è arrivata lo scorso gennaio, ben prima del voto per le regionali del 31 maggio. “Le condanne precedenti al conferimento del mandato elettivo – insistono – non rilevano in termini di sospensione della carica successivamente assunta”. “In assenza di una norma espressa di fonte primaria che limiti tassativamente l’esercizio delle cariche pubbliche elettive anche per le condanne non definitive al conferimento del mandato elettivo, la sospensione della carica di presidente della giunta regionale non può essere applicata al De Luca”, concludono i due giuristi, ricordando che quella condanna “è peraltro scaturita dall’abnorme durata del processo di primo grado”, in contrasto con il diritto di ottenere una pronuncia in tempo ragionevoli affermato da norme costituzionali ed europee.
La sospensione o la decadenza, sostengono Abbamonte e Rescigno, non possono avere effetto automatico, visto che l’iter prevede la comunicazione al prefetto da parte della cancelleria o al pm, dal prefetto al presidente del Consiglio, l’acquisizione dei pareri dei ministeri degli Interni e degli Affari regionali e infine il decreto del premier, notificato poi dal prefetto al consiglio regionale che deve prenderne atto. “L’applicazione della legge Severino non solo non è automatica, ma altresì l’effetto inibitorio temporaneo potrebbe, a tutto concedere, decorrere soltanto dalla data della delibera del consiglio regionale di presa d’atto”. In ogni caso, osservano i due legali nel loro parere, l’applicazione della legge non può mai comportare lo scioglimento degli organi elettivi regionali, democraticamente eletti, perché “l’articolo 8 riveste carattere di misura di inibizione provvisoria, essendo fondata su un accertamento di colpevolezza non definitivo” e la sua applicazione dunque dovrà essere contemperata con “l’imprescindibile garanzia di piena funzionalità degli organi regionali”.
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