Di Elisabetta Graziani Roma, 24 giu. (LaPresse) – Con l’addio di Stefano Fassina al Pd, il processo di ridefinizione del centrosinistra è avviato. Domenica Pippo Civati ha inaugurato il tesseramento di ‘Possibile‘, Nicola Fratoianni e Nichi Vendola hanno annunciato in tempi non sospetti che entro l’autunno Sel cambierà nome. E tutti si dicono interessati a quel bacino elettorale che trova un’espressione consistente nella coalizione sociale di Maurizio Landini. Che l’intenzione di unire le forze ci sia è rappresentato in maniera plastica anche dal fatto che Fassina, Civati e Fratoianni erano presenti alle reciproche iniziative.

NEL PD SI RINNOVANO LE CORRENTI. Quasi in contemporanea all’interno del Partito democratico si rinnovano le correnti. Dalle ceneri di Area Riformista nascono Sinistra è cambiamento con Cesare Damiano, Matteo Mauri e il ministro Maurizio Martina, e un’ala più critica e di sinistra (il cui nome forse sarà Sinistra Riformista, ma si aspetta il 27 per saperne di più) che fa capo a Roberto Speranza e ha già fatto prove di unione con Gianni Cuperlo (la prima venerdì a Torino). Minimo comune denominatore: dicono di voler recuperare una fetta dell’elettorato e si definiscono entrambe “minoranze di governo”, vale a dire che il sostegno all’esecutivo è assicurato.

DISPIACERE PER L’USCITA DI FASSINA. Dunque Matteo Renzi ce l’ha fatta finalmente a espungere le spine dal partito? In apparenza sì, anche se dopo l’addio di Fassina, un convinto sostenitore di Speranza come Davide Zoggia arriva a ipotizzare qualcosa di più di una collaborazione con quel “soggetto politico unitario” spostato a sinistra che oggi Fassina e la deputata Monica Gregori (anche lei ha lasciato il gruppo) hanno annunciato di voler costituire. C’è anche una data: il 4 luglio. Sarà “un’assemblea nazionale”, spiegano Fassina e Gregori, a cui parteciperanno Civati e Cofferati. Un’assemblea aperta a Sel e a tutti i delusi dal Pd. Simbolo e nome non ci sono ancora, perché, come spiega Fassina, “vogliamo partire dai territori, non vogliamo imporre scelte dall’alto”. La reazione Pd all’addio di Fassina è stata unanime: “dispiaciuti” si sono detti il vicesegretario Lorenzo Guerini (che tuttavia ha specificato di ritenerla “una scelta politica sbagliata”) e il presidente del Partito democratico Matteo Orfini, che con un colpo di coda ha voluto ricordare all’ex compagno di partito come anche lui “sia stato viceministro di un governo sostenuto da Berlusconi, cosa che evidentemente non era in linea con quanto chiesto agli elettori”.

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