Milano, 15 lug. (LaPresse) – Silvio Berlusconi, quando nella notte tra il 27 e il 28 maggio 2010 ha telefonato al capo di gabinetto della Questura di Milano Pietro Ostuni chiedendogli di interessarsi di Ruby, “non ha mai dato un ordine”. Lo ha affermato l’avvocato Filippo Dinacci, che insieme al professor Franco Coppi difende l’ex premier nel processo d’appello sul caso Ruby. Per il legale quella sera da parte di Berlusconi “non ci fu alcuna costrizione ma una mera sollecitazione”. Lo dimostra il fatto che Ostuni, nel corso del processo di primo grado, ha testimoniato che il tono di Berlusconi in quella telefonata era “normale”. E anche la presunta parentela tra Ruby e il presidente egiziano Mubarak, di cui l’ex premier ha parlato con il funzionario di polizia, secondo l’avvocato Dinacci “dimostra che non c’è nessun vincolo costrittivo” da parte dell’ex premier. “Ostuni dice di accelerare le procedure e Giorgia Iafrate ha eseguito gli ordini, ha fatto quello che doveva fare, ha rispettato le procedure perché ha agito in veste di polizia amministrativa e non polizia giudiziaria”, ha aggiunto il legale, precisando che in Questura quella sera tutti hanno agito correttamente.

“Se un rappresentante delle istituzioni – ha proseguito l’avvocato Dinacci – chiede una cortesia, allora costringe qualcuno? In questo caso dov’è la costrizione? Dov’è il reato? Aver chiamato in Questura – si é chiesto – e aver chiesto se c’era qualcuno che si poteva interessare alla situazione?”. Per Dinacci, infine, l’accusa di concussione per costrizione “non sta in piedi” anche perché nella vicenda “non c’è alcun atto intimidatorio”.

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