Dalla nostra inviata Nadia Pietrafitta

Strasburgo (Francia), 2 lug. (LaPresse) – Da palazzo Vecchio alla presidenza del Consiglio europeo in 135 giorni, passando per il Nazareno, prima, e palazzo Chigi, poi. Matteo Renzi sbarca a Strasburgo per presentare l’agenda delle priorità della presidenza italiana dell’Unione europea. Il discorso programmatico, in realtà, è stato scritto per essere solo “depositato agli atti”. Il premier sceglie di parlare a braccio, cercando di coinvolgere i 751 eurodeputati che lo circondano con una serie di più immediati “tweet” (così li chiama lui stesso nella “scaletta” di dieci punti che prepara e studia in aereo, evidenziatori alla mano).

L’intervento di Renzi si apre con la rappresentazione di un ‘selfie’ immaginario. “Se l’Europa si facesse un selfie che immagine emergerebbe?”, si domanda Renzi. “Emergerebbe – è la risposta – l’immagine della stanchezza, della rassegnazione. Della noia”. Obiettivo della presidenza italiana dovrà essere allora quello di restituire “un’anima” all’Europa (“perché se si tratta di unire le nostre burocrazie – scherza il premier – a noi italiani basta la nostra”), fare in modo che torni ad essere una comunità, “un’avanguardia”, e smetta di essere “solo un puntino di Google maps” perché ai confini del Vecchio continente c’è “un mondo che corre”.

Roma, assicura il presidente del Consiglio, non chiederà “scorciatoie”, non cercherà colpevoli. L’Italia, forte del proprio passato “ma anche del suo futuro” chiede con “coraggio” e “orgoglio” – le parole chiave del semestre, annuncia Renzi – “di fare la propria parte”. La musica è cambiata, insomma. E a dirigere l’orchestra, sottolinea, c’è “una generazione nuova. Una generazione Telemaco”. Il premier ricorre alla storia del figlio di Ulisse per invitare l’Europa a raccogliere l’eredità che le viene dal sogno europeo dei padri fondatori. “Ulisse è un personaggio che affascina e emoziona – spiega Renzi – ma nessuno parla di Telemaco che ha un ruolo più difficile. La nostra generazione ha il dovere di riscoprirsi Telemaco, ha il dovere di meritare l’eredità”.

La passione europeista e il temperamento mediterraneo del presidente del Consiglio italiano, vengono molto apprezzati da tanti parlamentari europei. Pure la scelta di “rottamare” il protocollo, parlando a braccio o cercando di dribblare la scorta per raggiungere, abbracciare e scattare una foto con i colleghi europarlamentari (“loro non mi picchiano”, è la rassicurazione fatta ai responsabili della sicurezza francesi) fa breccia in alcuni burocrati di stanza a Strasburgo e Bruxelles, anche se diventa quasi un caso la conferenza stampa di rito che il presidente del Consiglio europeo, appena assunto l’incarico, concede insieme al presidente dell’Europarlamento.

L’incontro con i giornalisti di Renzi e Schulz, prima presente in agenda, scompare e riappare un paio di volte (mentre in tanti accusano il premier di tornare in fretta in Italia per prendere parte alla puntata di ‘Porta a porta’) prima di venire definitivamente cancellato a causa dei ritardi causati dal prolungamento dei tempi del dibattito in aula.

Renzi ascolta gli interventi degli europarlamentari con attenzione, prendendo appunti e sorseggiando un tè. Gli attacchi italiani arrivano dalla Lega (“Ci son rimasto male mi aspettavo di più, forse la stanchezza, il viaggio, forse il fatto che non può rispondere alle domande dei giornalisti perché deve partecipare a una trasmissione televisiva in Italia”, lo incalza Matteo Salvini che rimprovera il premier di non aver detto “una parola sui Marò” pur avendo dedicato la sua attenzione agli “sfigati di tutto il mondo”) e dal M5S (“Parlate di cambiamento, di discontinuità e di una nuova generazione ma poi vediamo popolari e socialdemocratici uniti nella spartizione di poltrone. Noi vogliamo un’Europa diversa”, è la frecciatina lanciata da Ignazio Corrao), ma sono le parole pronunciate dal capogruppo Ppe Manfred Weber critico sulla richiesta di flessibilità arrivata da Roma e acceso sostenitore della linea del rigore a trasformare i toni sognanti del premier. È subito, ancora una volta, Italia-Germania.

“Se Weber parlava a nome della Germania, gli ricordo che proprio in questa sala, nella scorsa presidenza italiana, ci fu un Paese cui non solo fu concessa flessibilità ma anche di violare i limiti ed essere oggi un Paese che cresce e quel Paese era la Germania”, è la replica del premier che ricorda prontamente al collega tedesco come gran parte del suo gruppo sostenga il Governo da lui guidato. Di più. “Non sono l’Italia e la Francia a chiedere di cambiare le regole del gioco”. “C’è il rigore – sottolinea – ma c’è anche la crescita” perché senza sviluppo sarà l’Europa a non salvarsi. Ecco perché, è la sfida finale, “l’Italia non accetta lezioni di morale da nessuno”. Il semestre italiano, insomma, è iniziato. Il duello tra Roma e Berlino pure.

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