Roma, 28 ago. (LaPresse) – Prospettano “l’opportunità” che la giunta per le Elezioni del Senato esamini “con attenzione” i “dubbi di costituzionalità” della legge Severino con “conseguente” sospensione del procedimento davanti alla giunta a carico di Silvio Berlusconi “fino alla pronuncia della Corte costituzionale” i sei pareri ‘pro-veritate’ depositati questa mattina a palazzo Madama. Sono i giuristi Giovanni Guzzetta, Giorgio Spangher, Antonella Marandola, Roberto Nania, Gustavo Pansini e poi Nicolò Zanon, Beniamino Caravita e Giuseppe De Vergottini (che firmano un unico testo), gli autori delle carte che la difesa del presidente Pdl intende sottoporre all’attenzione dei senatori che, per primi, dovranno decidere della decadenza del presidente Pdl dopo la condanna decisa dalla Cassazione nell’ambito del processo Mediaset. Il “primo e più rilevante dubbio” riscontra Guzzetta è quello che riguarda “l’interpretazione secondo cui la nuova disciplina dell’incandidabilità dei parlamentari sarebbe applicabile anche in conseguenza di sentenze che accertano fatti compiuti prima dell’entrata in vigore della stessa”.
Secondo Guzzetta, infatti, il nuovo testo unico sulla corruzione “pone dei nuovi limiti” nel momento in cui “il fatto di reato di allora” produce “oltre agli effetti già penalmente previsti, anche l’ulteriore effetto (allora non previsto) di rendere automaticamente incandidabile chi l’abbia commesso” creando “un limite all’elettorato passivo non previsto dalla legge al momento in cui i fatti furono commessi”. Il provvedimento, aggiunge il giurista nelle conclusioni, appare “altresì costituzionalmente illegittimo per vari profili di irragionevolezza della sua disciplina e di sproporzione dell’entità della sanzione dell’incandidabilità”.
Dello stesso avviso quanto alla non retroattività della legge Severino anche Antonella Marandola, straordinario di Procedura penale nella facoltà di Giurisprudenza dell’università Lum Jean Monnet di Bari. “Nel rispetto dei principi di legalità e irretroattività (del trattamento punitivo più sfavorevole) – scrive – la sanzione non può applicarsi ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore della (nuova) legge, anche se la condanna definitiva interviene dopo la sua entrata in vigore. Il trattamento legale è quello del tempo del fatto”. “Forti perplessità” individua anche Giorgio Spangher, ordinario di Procedura penale nella facoltà di giurisprudenza dell’università di Roma La Sapienza, soprattutto per quel che riguarda i riferimenti alla “sospensione” e alla “decadenza di diritto”.
Se così fosse, argomenta, “la previsione risulterebbe in contrasto con quanto disposto dall’articolo 66 della Costituzione, in forza del quale spetta alla Camera di appartenenza giudicare sui titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità”. Fa riferimento alle parole del costituzionalista Alessandro Mangia, invece, Gustavo Pansini: “Il riconoscere un effetto automatico ad una sentenza di condanna (sia pure nei limiti predeterminati) sulla perdita dell’elettorato passivo rappresenterebbe un riconoscimento di superiorità della magistratura rispetto al potere politico”. Non è la giunta, aggiunge poi, ad avere la possibilità di verificare la legittimità costituzionale della norma da applicare.
“Il solo organo” che ha questa possibilità, sottolinea, è la Corte costituzionale. Dello stesso avviso anche Roberto Nania che ricorda come “le Camere, in forza dell’art. 66 Cost., sono l’unica giurisdizione competente all’applicazione della legislazione in materia di decadenza dal mandato rappresentativo”. Si soffermano invece sulla differenza tra elezioni politiche ed elezioni locali e regionali, invece, Nicolò Zanon, Beniamino Caravita e Giuseppe De Vergottini, secondo i quali “l’incandidabilità pro futuro” riservata al caso di Silvio Berlusconi “è il risultato di una scelta assai radicale e di particolare rigore, che estende (con qualche difficoltà) alle elezioni politiche le disposizioni già vigenti per quelle locali e regionali. Una scelta, è bene osservare – aggiungono – che pur presenta qualche profilo di dubbia compatibilità con le regole costituzionali che assistono il mandato parlamentare”.

