Roma, 3 nov. (LaPresse) – “Ieri Marchionne ha messo nero su bianco quello che pensa dei lavoratori iscritti alla Fiom. È molto grave quello che è successo, a prescindere dal fatto che il comunicato stampa in cui la Fiat ha definito ‘oppositori storici’ gli operai di Pomigliano iscritti alla Fiom, sia stato inviato per errore. Siamo, infatti, di fronte alla prova provata dei comportamenti discriminatori per i quali l’azienda è stata, giustamente, condannata da ben dodici tribunali italiani”. Lo affermano in una nota congiunta il presidente dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, e il responsabile lavoro e welfare del partito, Maurizio Zipponi.

“Nello scrivere la sentenza – continuano Di Pietro e Zipponi – la Corte d’Appello di Roma ha seguito un’indicazione giuridica europea ben precisa, affermando che la Fiat non può assumere o licenziare i lavoratori sulla base di appartenenze a liberi sindacati. Insomma, l’Europa ci dice una cosa molto chiara: gli atti discriminatori sono contrari alla logica d’impresa e ai diritti delle persone. Come avviene in qualsiasi altra azienda, Marchionne dovrebbe scegliere i propri dipendenti in base alle competenze e alla professionalità. E’ apparsa, quindi, agli occhi del mondo ancora più odiosa la ritorsione penalmente perseguibile con cui la Fiat ha deciso di mettere in mobilità 19 operai per rispettare la sentenza della Corte d’Appello di Roma”.

“L’Italia dei Valori – si legge ancora nella nota congiunta – che da anni denuncia l’assenza di un piano industriale e il mancato rispetto delle leggi e della Costituzione all’interno delle fabbriche del gruppo, torna a chiedere l’intervento immediato del governo. Monti, che finora ha utilizzato la foglia di fico dell’Europa per colpire le fasce sociali più deboli, prenda esempio, una buona volta, dagli altri esecutivi europei. Faccia come Hollande, che ha scongiurato la chiusura degli stabilimenti Peugeot-Citroen in Francia, o come la Merkel che ha bloccato lo stesso Marchionne quando si offrì di acquistare la Opel in Germania con il rischio di farla chiudere. Convochi l’amministratore delegato della Fiat e lo richiami alle proprie responsabilità davanti al Paese”.

Secondo Di Pietro e Zipponi “è necessario che l’azienda chiarisca, una volta per tutte, le sue intenzioni sugli investimenti, sui nuovi modelli e sul futuro industriale e occupazionale degli stabilimenti italiani. Le promesse della Fiat, che continua a perdere quote di mercato e a registrare insuccessi in Borsa, non sono più sufficienti. Così come è finito il tempo delle chiacchiere per questo governo. Il nostro Paese ha bisogno di una legge sulla rappresentanza e sulla democrazia sindacale. E’ proprio questo vuoto normativo, infatti, a permettere alla Fiat di fare carta straccia della Costituzione e delle leggi”.

“L’Idv – concludono – ha presentato, da tempo, una proposta di legge sulla democrazia nei luoghi di lavoro che stabilisce la validità degli accordi solo quando questi vengono votati e approvati da tutti i lavoratori a scrutinio segreto e continua a chiedere che venga calendarizzata. Il governo la porti all’attenzione del Parlamento. E’ necessario un salto di civiltà europea nelle relazioni industriali italiane”.

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