Rimini, 19 ago. (LaPresse) – “Lavoro quotidianamente per far fronte alla crisi. Ma siamo veramente in crisi? Un anno fa lo pensavamo di meno e forse lo eravamo di più. Io vedo avvicinarsi il momento in cui si esce. Siamo piuttosto in una fase in cui ci si è rimboccati le maniche”. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Mario Monti, intervenendo al meeting di Rimini di Comunione e liberazione. Pur avendo realizzato una serie di riforme, ha sottolineato Monti, “non abbiamo mai pensato che nel giro di qualche mese questo potesse far salire crescita e occupazione. Ci vuole più tempo”. “Quello che speravamo – ha aggiunto – è che l’insieme di queste riforme desse luogo ad una riduzione dei tassi di interesse più rapidamente di come sta avvenendo”. Cosa, ha spiegato, che invece non si è verificata a causa delle condizioni economiche dell’eurozona nel complesso.

Monti è tornato poi a lanciare l’allarme per i giovani: “Ho parlato di generazione perduta, non so se pentirmi, ma credo di non aver fatto altro che constatare con crudezza la realtà che è davanti agli occhi di tutti. E’ evidente lo sperpero di un’intera generazione di giovani, che oggi giovani non lo sono più tanto, qualcuno ha superato i 40 anni, che pagano le conseguenze gravissime della scarsa lungimiranza di chi in passato non ha onorato il dovere di impegnarsi per i giovani. Un’intera generazione – ha aggiunto – sta pagando un conto salatissimo”.

Monti ha sottolineato però che gli italiani dovrebbero essere più fiduciosi: “Guardiamoci in faccia con una misurata fiducia se non orgoglio”, ha detto. “L’Italia – ha spiegato – è in grado di esercitare nel mondo un soft power, non quell’hard power delle imprese militari, ma uno soft, che fa leva sulle tradizionali caratteristiche degli italiani”. Monti ha citato tra i punti di forza dell’Italia “la famiglia, i distretti industriali, un settore privato che risparmia, famiglie mediamente poco indebitate e che quindi possono anche permettersi di comprare titoli di stato per venire incontro alle esigenze di uno Stato indebitato”.

Il premier ha ricordato la “creatività” tipica degli italiani e il patrimonio di “bellezze e cultura senza pari nel mondo”. Ha sottolinato poi il “poter essere ascoltati dal terzo mondo, dai Paesi africani, dai Brics, senza quella posizione leggermente diffidente che hanno nei confronti di quei pochi Paesi che esercitano l’hard power nel mondo”. “La Cina – ha continuato – è più interessata a ispirarsi a modelli dell’Ue, spesso italiani, piuttosto che americani”. “Tutte cose – ha concluso – che vengono gettate alle ortiche se non ritroviamo un minimo di fiducia reciproca nella vita sociale”.

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