Roma, 10 ago. (LaPresse) – La Corte dei conti “ha confermato l’esistenza di una discrasia tra i rimborsi elettorali e le spese sostenute dai partiti politici per la campagna elettorale delle regionali del 2010”. Complessivamente per il rinnovo dei consigli regionali sono stati attribuiti rimborsi per 37.797.396,74 euro nell’anno 2010 e per 36.428.507,56 per l’anno 2011, a fronte di spese dichiarate e documentate per 62.926.376,47 euro. La differenza finora è quindi di: 11.299.527 euro. Ma si andrà avanti così fino al 2014 a scadenza della legislatura, quindi in proiezione si arriva a 28,2 milioni di euro. I numeri sono stati resi noti dalla Corte dei Conti in occasione della trasmissione al Parlamento del ‘Referto sui consuntivi delle spese e dei finanziamenti delle formazioni politiche presenti alla campagna elettorale del 28 e 29 marzo 2010 per il rinnovo dei Consigli regionali delle Regioni a statuto ordinario’. In tutto sono state rilevate 133 irregolarità, anche nei confronti partiti nazionali: in 82 casi si è riquantificata la somma del contrubuto; in altri 21 casi non tutte le voci erano regolari. In 1 caso è scattata la denuncia.

Il problema principale secondo la Corte sono le norme che regolano la materia e le integrazioni costanti apportate ogni anno. Ad esempio tra le anomalie rilevate ci sono “otto casi di partiti dichiarati decaduti, di cui sette sono stati riammessi al beneficio del contributo statale”. A deciderlo fu l’ufficio di presidenza della Camera con deliberazioni del 21 dicembre 2010, 4 maggio 2011 e 28 settembre 2011. Solo una formazione politica ha rinunciato al contributo, si tratta del Movimento 5 Stelle che elesse in Piemonte due consiglieri, ma rinunciò ai contributi derivanti. Il collegio della Corte ha anche “rilevato che detto contributo è stato erogato anche a favore di formazioni politiche i cui rappresentanti hanno presentato dichiarazione di non aver sostenuto spese”. E non sono pochi: sono ben 67. L’analisi delle disposizioni normative in materia evidenzia, sostiene la Corte, che il contributo statale, “a parte ogni considerazione sulla sua quantificazione, viene erogato in base al risultato elettorale prescindendo da collegamenti con le spese effettivamente sostenute”. Sempre secondo la Corte, pertanto “non appare ragionevole, attese anche le ripercussioni sulla spesa pubblica, l’assoluto scostamento tra le spese effettivamente sostenute ed il rimborso erogato”.

In questo ginepraio proliferano gli abusivi, tanto che la Corte rileva “che 46 formazioni politiche hanno presentato il consuntivo” per accedere alfinanziamento “oltre i 45 giorni previsti e 51 partiti risultavano ancora inadempienti, nonostante fossero ampiamente scaduti i termini di legge per la presentazione del consuntivo ai Presidenti dei rispettivi Consigli regionali”. Non solo. In sede di controllo dei consuntivi, il collegio della Corte dei Conti, ha rilevato diverse “fattispecie di omessa o insufficiente trasmissione della documentazione relativa alle erogazioni da parte di persone giuridiche, formulando richieste istruttorie di acquisizione di quanto richiesto dalla normativa”. Ovvero non si sa da dove i partiti prendano i soldi, che vanno ad aggiungersi ai rimborsi elettorali. In un caso, nonostante il lungo arco temporale trascorso dalla presentazione dei consuntivi, la formazione politica non era in grado di produrre quanto richiesto. Il Collegio, pertanto, determinava di dichiarare il relativo consuntivo non regolare, relativamente alle somme per le quali non era stata prodotta idonea documentazione, disponendo, altresì, la trasmissione degli atti alla competente Procura della Repubblica, per quanto di eventuale competenza. Ma quali sono le spese rimborsate ai partiti? Al 100% vengono rimborsati manifesti e materiale elettorale, le spese per i comizi, i costi per la raccolta firme per autenticare le liste, il personale. “Quelle relative ai locali per le sedi elettorali, quelle di viaggio e soggiorno, telefoniche e postali, nonché gli oneri passivi, per le quali è previsto un diverso regime di calcolo, fissato nella misura forfettaria del 30% dell’ammontare complessivo delle spese ammissibili e documentate” spiega la norma. Anche qui molte le irregolarità registrate, specie nel ritardo nei pagamenti per cui si chiedeva il rimborso, registrati 14 casi: a pagare il conto i fornitori dei partiti che non sono stati mai pagati.

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