Roma, 26 lug. (LaPresse) – Le polemiche erano attese e annunciate da almeno due giorni, da quando cioè, la terza commissione del Csm stava discutendo se dare o no il via libera al collocamento fuori ruolo del procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, che per un anno andrà in Guatemala incaricato dall’Onu nella lotta al narcotraffico. E oggi è arrivato un difficile ma ‘largo’ sì. L’ok del Plenum del Consiglio superiore della magistratura è giunto dopo un dibattito, durato più di un’ora, nel quale non sono mancati accenti polemici. Alla fine i sì sono stati diciassette, i contrari quattro e due gli astenuti. Un addio all’Italia, quindi, per il magistrato, titolare dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, protagonista delle polemiche sulle intercettazioni indirette del capo dello Stato.

Infatti su queste motivazioni si basano le polemiche dei consiglieri del Csm che hanno votato contro. “Ingroia lascia dopo aver dato la stura ad uno dei più difficili contrasti istituzionali della storia repubblicana e aver richiesto il rinvio a giudizio per un’inchiesta che non ha precedenti per i temi che affronta – ha rilevato Nicolò Zanon, laico in quota Pdl – preferirei che un pm, anziché partire, restasse e affrontasse il dibattimento per vedere quanto resterà in piedi del suo impianto”. Ma tra i consiglieri, c’è anche chi difende Ingroia, come il togato di Area, Vittorio Borraccetti: “Contro di lui sento parole ingiuste e ingenerose. E’ un magistrato esperto di narcotraffico ed è logico che sia stato scelto dall’Onu per l’incarico in Guatemala. Qui ha contrastato la mafia sotto l’aspetto delle collusioni con la politica, cosa che non è stata fatta a sufficienza da altri. Nessuno è insostituibile. Il processo sulla trattativa non è messo a rischio dall’assenza di Ingroia”.

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