Roma, 17 nov. (LaPresse) – Una settimana fa Mario Monti entrò in aula a palazzo Madama per votare la legge di stabilità, pietra tombale del governo di Silvio Berlusconi. Oggi l’ex commissario europeo, già senatore a vita e da ieri presidente del Consiglio, si è seduto al centro dei banchi del governo e, circondato dai suoi neo ministri, ha chiesto la fiducia per quell’esecutivo di rilancio e crescita dell’Italia. Tra i banchi ad ascoltarlo e dargli coraggio la signora Elsa, accompagnata dai figli. Elegante nel suo tailleur pantalone nero, con bottoni bianchi, collana di perle in coordinato con gli orecchini, la signora Monti ha allontanato con garbo i giornalisti che in Transatlantico l’hanno avvicinata per un commento. Anche Gianni Letta non è voluto mancare e come la moglie del professore non ha voluto commentare la nuova squdra di governo.
L’ex sottosegretario è arrivato in Senato per ascoltare, silenzioso, e poi salutare onorevoli e colleghi. Tra i banchi dell’aula Letta ha ascoltato attento il discorso di Monti, poggiato con i gomiti sulla balaustra guarnita di velluto rosso. Il discorso programmatico, tanto atteso, che sui contenuti ieri al Quirinale il premier ha rilasciato un secco “no comment”, è stato scandito da ben 17 applausi, quattro dei quali solo nei primi due minuti. Graditi dall’emiciclo, infatti, i ringraziamenti rivolti a Giorgio Napolitano, a presidenti emeriti della Repubblica, ai senatori e al suo predecessore, Silvio Berlusconi. Gli applausi sarebbero stati forse di più se non fosse stato proprio il neo presidente ha smorzare sul nascere i consensi: “Se dovete scegliere, preferisco che ascoltiate, non che applaudite”. Sorridente, con il tipico aplomb che giorno dopo giorno lo avvicina allo stile del capo dello Stato, Monti ha letto integralmente il suo discorso senza mai andare a braccio, un discorso a metà tra tecnico e politico, apprezzato da tutti tranne che dalla Lega, unico partito in aula che ha ascoltato ma non applaudito. E’ del Carroccio l’unica interruzione dell’intervento di Monti ad opera di Roberto Castelli, poi il discorso è scivolato via senza intoppi.
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