Roma, 12 nov. (LaPresse) – Di quello che oggi è il governo uscente si salvano almeno due cose: la riforma Gelmini e l’appoggio alle scelte dell’amministratore delegato di Fiat Sergio Marchionne contro la Fiom. E’ quanto sosteneva il senatore Mario Monti in un editoriale sul Corriere della sera il 2 gennaio scorso. In Italia, spiegava, la “influenza avuta dalla cultura marxista e la quasi assenza di una cultura liberale” ha prodotto un “arcaico stile di rivendicazione, che finisce spesso per fare il danno degli interessi tutelati” e che rappresenta “un grosso ostacolo alle riforme. Ma può venire superato. L’abbiamo visto di recente – scriveva Monti – con le due importanti riforme dovute a Mariastella Gelmini e a Sergio Marchionne. Grazie alla loro determinazione, verrà un po’ ridotto l’handicap dell’Italia nel formare studenti, nel fare ricerca, nel fabbricare automobili”.

Proprio in tema di formazione universitaria, uno dei cavalli di battaglia del presidente della Bocconi è sempre stato quello dell’abolizione del valore legale del titolo di studio. L’idea è quella di andare verso il modello americano: con questa misura la laurea non avrebbe più lo stesso valore, stabilito per legge, a prescindere dal fatto che sia stata rilasciata dall’ateneo di Catania o quello di Milano, come avviene oggi. Questo, è l’ipotesi di Monti, stimolerebbe una maggiore competizione tra le università perchè solo il prestigio del nome dell’ateneo darebbe valore al pezzo di carta rilasciato al termine del percorso di studi. Questo implicherebbe la liberalizzazione della formazione universitaria, la nascita di un mercato in cui chiunque potrebbe istituire una università. Sarebbe il mercato a fare da regolatore del valore dei titoli rilasciati.

Un’idea che la Conferenza rei rettori delle università italiane ha sempre bocciato e che, è l’accusa dei movimenti studenteschi, farebbe impennare le rette universitarie. Insomma si andrebbe rapidamente verso il modello Usa: poche università prestigiose costosissime, per frequentare le quali è necessario indebitarsi e molte università considerate di secondo livello, per chi non può permettersi la formazione migliore o non è disposto a indebitarsi per averla.

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