Milano, 8 ott. (LaPresse) – Erano in 20 mila questo pomeriggio in piazza Sempione, sotto l’arco della Pace a Milano, a chiedere un cambiamento. C’erano giovani, bambini in carrozzina, partigiani con annodato al collo il fazzoletto tricolore. C’erano ragazzi con la bandiera del popolo viola, tanti sindaci da tutta Italia e moltissime bandiere dell’Italia. Dal palco, per tutto il pomeriggio si sono alternati politici, giornalisti, scrittori e rappresentanti della società civile, uniti nell’impegno di disegnare l’Italia del dopo Berlusconi. Il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, ha scaldato la piazza con la sua convinzione che la fine del governo “sia ormai imminente” e alla vittoria contro il centro destra dello scorso maggio a Milano ne segua una seconda a livello nazionale.

Poi è stata la volta di Roberto Saviano che in un video ha voluto ricordare come in una società di diritto le persone abbiano anche il diritto alla felicità. Il premio Nobel Dario Fo ha paragonato il momento storico che l’Italia sta attraversando a una pantomima di Buster Keaton e ha sottolinato come il ‘berlusconismo’ sia arrivato al capolinea: “La situazione è drammatica con un superministro padrone di un governo, un regno delle banane, che si rende conto che il popolo, il suo popolo, non c’è più. E vive nel terrore”. Durante la maratona di ‘Ricucire l’Italia’, durata oltre 4 ore, c’è stato il tempo per indignarsi, parlare del futuro, della libertà di informazione ma anche di commuoversi per le quattro operaie morte nel crollo della palazzina a Barletta. Sandra Bonsanti, presidente di Libertà e Giustizia, ha voluto aprire la manifestazione proprio con un minuto di silenzio dedicato a loro che la piazza ha rispettato con commozione. A parlare di lavoro sono stati anche il segretario della Cgil lombarda Onorio Rosati e Saviano, che nel suo messaggio ha ricordato come spesso il lavoro sommerso costituisca in realtà “l’eccellenza del sistema Italia”.

Sono arrivati anche i messaggi di Umberto Eco, Moni Ovadia e don Luigi Ciotti. Sul palco si sono alternati Michele Serra, Marco Travaglio, che ha dedicato il suo intervento alla libertà d’informazione, “un problema – ha detto – che riguarda tutti, non solo i giornalisti”, messa in discussione dalla legge bavaglio allo studio in parlamento e Lirio Abbate che ha ricordato Giuseppe D’Avanzo. Hanno preso la parola anche giuristi come Valerio Onida e Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte costituzionale, che ha chiuso la manifestazione dicendo: “Si dice che in Italia stia prevalendo la stanchezza. Questa piazza dimostra esattamente il contrario. Qui c’è rappresentato in sintesi il nostro Paese. Laici e cattolici, uomini e donne, giovani e anziani. Noi non siamo mossi da odio o rancore, ma da un senso di partecipazione per il bene del nostro paese. Sono i partiti politici che devono raccogliere le richieste e i bisogni che vengono da piazze come questa e devono trasformarle in passione civile. Non siamo una piazza antipolitica, ma una piazza che lavora per la politica”. Che il cambiamento non possa arrivare se non attraverso l’impegno comune lo spiega lo storico Paul Ginsborg: “L’uomo è stato sottostimato dai media e dalla stampa – ha detto – ma lui combatte sino alla fine. Ci vuole una rivoluzione mite, senza violenza”.

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