Roma, 8 ott. (LaPresse) – “C’è un Paese che non ne può più, che non vuole avere tutto sulle sue spalle, che sconta tre anni di negazione della crisi. Diciamolo come va detto: c’è un Paese che non recupera credibilità se questo governo non se ne va via, se non va via più in fretta possibile”. Lo ha detto senza mezzi termini il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, nel momento del suo arrivo fra gli applausi alla testa del corteo della manifestazione che ha visto in piazza a Roma i lavoratori del pubblico impiego e della scuola, aderenti alle sigle di categoria del sindacato di Corso d’Italia. Lo ha detto aprendo la giornata e lo ha ribadito nel corso del suo lungo e applaudito intervento dal palco di Piazza del Popolo, dove il corteo è approdato intorno alle 16. Un Paese che non ne può più, ma che non si rassegna. La leader della Cgil lo ha urlato alla piazza che, bandiere al vento, ha annuito alle sue parole perché le sentiva proprie. “Non ci rassegniamo a vedere il Paese in mano a chi pensa che mantenere il potere sia il suo elisir di lunga vita. Se ne vada ora perché ogni giorno che passa il Paese ha un problema in più”, ha detto la Camusso suscitando l’ovazione della piazza. Riferendosi al premier Silvio Berlusconi, ha rincarato la dose: “Non ci rassegniamo all’idea che si possa ridurre il nostro stato, lo Stato italiano, la Repubblica fondata sul lavoro, alla casa privata del presidente del Consiglio”.
Dopo l’attacco ad personam, il segretario della Cgil vira sulla crisi economica, tenendo sullo sfondo “l’incapacità” dell’esecutivo. “Nel mese di agosto l’Italia ha preso un tremendo schiaffo, perché è uno schiaffo la lettera della Bce, un commissariamento di questo Paese e non è un caso che l’abbiano tenuta nascosta finora”. L’auspicio della Camusso è che dall’Italia venga “uno scatto come quello del presidente greco, che nonostante la situazione disperata del suo Paese ha avuto il coraggio di dire: ‘Noi i contratti non li tocchiamo, noi il minimo salariale non lo tocchiamo’”. Dalla Bce è arrivato uno schiaffo che, secondo la Camusso, il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi non ha compreso: “Se avesse studiato di più, saprebbe leggere che nella lettera non c’è scritto quello che lui ci racconta. Non sa leggere nemmeno gli ordini che riceve”.
In piazza ci sono i lavoratori e i precari della scuola, dell’università e della ricerca (e anche una nutrita rappresentanza del mondo studentesco a manifestare la propria solidarietà, ndr) e allora la leader della Cgil non può esimersi dal toccare il tasto istruzione: “La scuola deve essere pubblica, nazionale e laica. Solo così si ricostruisce l’uguaglianza fra ragazzi e ragazze. Vorremmo dirlo ad un ministro che disegna tunnel perché non sa di cosa parla, un ministro che vitupera la scuola ogni giorno, quella scuola che ha fatto l’unità di questo Paese”. Per Camusso, infatti, “dentro l’idea di tagli alla scuola c’è la secessione del Paese, la secessione tra ricchi e poveri, tra Nord e Sud, la secessione della coesione nazionale”. “Le tante manovre di questo governo hanno sempre un filo che le lega: oltre a essere inefficaci, riducono lo Stato. Lo fanno apparire come un risparmio, invece ciò vuol dire negare il futuro di ognuno di noi”, ha aggiunto sempre in tema di crisi economica. Camusso ha ribadito che si sono persi “tre anni a dire che la crisi non c’era. Vorremmo dire a chi ci governa che se avesse usato qualche ora del suo tempo per leggere e studiare non ci avrebbe fatto perdere tre anni, passati a insultare il lavoro pubblico e buttati sulle nostre spalle”. “Non ci rassegniamo all’idea di essere un Paese messo alla berlina dagli altri paesi del mondo”, ha aggiunto. La ricetta? “Ripartire da un patto di cittadinanza che consiste nell’idea che ognuno di noi cittadini contribuisce secondo il proprio reddito: chi ha di più dia di più e chi non paga cominci a pagare”.
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