Cuneo, 7 ott. (LaPresse) – “Sembra quasi assurdo oggi parlare di sobrietà e umiltà, ma non dobbiamo temere di richiamarci ai valori migliori della nostra lunga storia”. Il richiamo del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano arriva dal Teatro sociale di Cuneo, davanti a una platea che lo ha accolto da star, con una standing ovation e il coro, improvvisato, dell’inno nazionale a cui si è unito anche lui. Ci sono i partigiani col fazzoletto al collo, a cui ha indirizzato “un saluto ai miei colleghi giovanotti”, e gli studenti, insieme agli amministratori con la fascia tricolore ad ascoltare un capo dello Stato che si commuove a ricordare che “il capovaloro della Resistenza è stato restituire agli italiani l’idea di nazione e amor di patria”.

E a questi valori bisogna tornare – è il senso del suo discorso – per far uscire l’Italia dalla crisi politica, etica ed economica in cui è piombata. Ripartendo dai giovani. “Conto su di voi” ha detto Napolitano, rivolgendo loro un’esortazione: “Teniamo viva la dignità della politica e diamo il nostro contributo a rilanciarla e a riabilitarla nel nostro Paese”. Forti i richiami “all’unità e alla concordia, che non significano assenza di divergenze e di competizione”. Negli anni del miracolo economico “in Italia ci fu un balzo in avanti perché tutti cooperarono, ci fu uno sforzo collettivo e tutti contribuirono al bene comune”. “Oggi – ha sottolineato Napolitano – abbiamo bisogno che si ristabilisca un clima di quel genere”.

No quindi a “faziosità e contrapposizioni cieche nel Paese tra una parte e l’altra”. E no al federalismo come “miracolo”, perché “è utile”, ma è un percorso che va fatto con “pazienza, tenacia e senza zig zag”. Il ruolo del Mezzogiorno, inoltre, va rivalutato, non con finanziamenti a pioggia ma con “una strategia” a lungo termine, perché se no non si cresce come chiede l’Europa. Dell’Unione europea Napolitano ha parlato più volte come unico orizzonte di sviluppo possibile. In questa fase è secondo lui utile “un ministro europeo dell’economia”. E dall’euro, che “è stata una grande conquista”, “non si torna indietro”.

Solidarietà e cooperazione in una fase critica come quella attuale si ritrovano anche con la riabilitazione della politica. “La cosa pubblica siamo tutti noi – ha ammonito – guai a non trovare nella politica qualcosa che appartiene a tutti”. Già in mattinata ad Aosta, davanti ai giovani amministratori della “Scuola di democrazia”, il capo dello Stato aveva detto che “la politica non è una cosa sporca, ma è un lavoro”. Un lavoro che richiede impegno e sforzo, come quello che il capo dello Stato sta compiendo attenendosi ai “limiti dei miei poteri” previsti dalla Costituzione. Senza scavalcare quindi l’esecutivo. Uno sforzo “complicato” e quotidiano, “una vocazione all’imparzialità all’equilibrio e alla serietà che comporta il mio mandato” e che quindi “è una vocazione per modo di dire”. “E io non penso che quella del presidente della Repubblica – ha precisato – sia una figura pleonastica. Non taglia solo nastri, farei una vita molto più tranquilla se dovessi solo fare quello”.

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