Torino, 6 ott. (LaPresse) – “Amo la Apple e considero il privilegio della mia vita questo nuovo ruolo”. Così Tim Cook ha aperto la presentazione dell’iPhone 4S l’altro ieri. Parole pronunciate per non tradire la vocazione di Steve Jobs allo stile evocativo e profetico ma naturalmente non altrettanto potenti, probabilmente neanche nelle intenzioni. Ma il messaggio è arrivato chiaro: Cook è in grado di sorridere e di entusiasmare il pubblico a un nuovo prodotto. Presentandosi sul palco ha detto “Buongiorno, questo è il primo lancio di prodotto da quando sono ceo, sono sicuro che nessuno di voi lo sapeva”, provocando le risate della platea.

Basterà a farne il nuovo mentore della grande azienda di Cupertino? Certo non gli mancano le capacità e conosce la società molto bene. Cook aveva già assunto l’incarico di ceo altre due volte: la prima a metà 2004, quando al fondatore della società di Cupertino fu diagnosticato una rara forma di tumore al pancreas, la seconda il 5 gennaio 2009 (ad aprile di quell’anno Jobs subì un trapianto di fegato). E’ l’uomo che ha chiuso gli impianti della Apple ed esternalizzato tutta la produzione, cambiando il volto dell’azienda. Ha venduto fabbriche e depositi avviando contratti di produzione con terzi. Sotto la sua amministrazione l’azienda è diventata più agile, il che ha reso possibile nel 2006 convertire tutta la linea di produzione dei computer ai processori Intel. Insomma ha già cambiato la faccia della società una volta, attirando tra l’altro anche forti critiche delle organizzazioni non governative per la compressione dei diritti degli operai che lavorano ai suoi prodotti negli impianti cinesi dei suoi fornitori.

Il problema non è immediato, come conferma la reazione dei mercati. A Wall Street il titolo è stabile, persino sopra la parità. Segno che ormai gli investitori erano preparati al fatto che questa notizia sarebbe arrivata e che non si aspettano effetti a breve termini sui conti della società. La questione è cosa sarà della Apple nei prossimi anni, quando la spinta creativa personale di Jobs sarà esaurita, i prodotti attuali saranno arrivati a maturazione e ci si aspetterà qualche nuova rivoluzione. Apple resterà alla frontiera dell’innovazione? Cook può farcela? Difficile dirlo. Uomo riservato e schivo, è uno che non ama i riflettori. Non gli piace tenere discorsi in pubblico, tantomeno quelli dal sapore profetico che spesso tiene Jobs. Cinquant’anni, celibe, secondo voci insistenti sarebbe gay. E’ cresciuto in Alabama. Laureato in ingegneria industriale all’Auburn University nel 1982, ha conseguito un master alla Duke University nel 1988. Ha lavorato alla Intelligent Electronics, poi è passato alla Ibm, dove è stato 12 anni, oltre ad assumere l’incarico di vicepresidente per i materiali aziendali alla Compaq.

Cook per ora può contare ancora su Jonathan Ive, il designer inglese che ha disegnato le sinuose curve che gli utenti hanno imparato a conoscere come le linee distintive dei prodotti Apple. È soprannominato Jony in azienda, e tra l’altro non ha sicuramente quella freddezza contestata a Cook.

Il destino di Ive alla Apple però è tutt’altro che sicuro. Il 27 febbraio 2011 il Sunday Times ha riportato la notizia che il designer vorrebbe tornare nel Regno Unito. Per farlo potrebbe approfittare di un accordo in scadenza con la compagnia che gli permetterebbe di riscattare 25 milioni di dollari in azioni. Per lui il rientro a Londra è una questione personale. È sposato e ha due gemelli e attualmente vive con la sua famiglia a Twin Peaks, nell’area di San Francisco. Ma vorrebbe che i piccoli studiassero nel Regno Unito. Lui sarebbe disposto a fare il pendolare. Ma si tratta di una ipotesi che, sembra, la società esclude, ponendolo di fronte alla scelta di restare o andare via definitivamente.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata