Gli accusati sono stati impiccati. A nulla sono valsi gli appelli delle organizzazioni a difesa dei diritti umani, che chiedevano di rinunciare alle esecuzioni

In Egitto è stata eseguita la condanna a morte per impiccagione di nove uomini accusati per l'omicidio del procuratore generale Hisham Barakat, il più alto magistrato della procura egiziana, assassinato il 29 giugno del 2015 al Cairo con un'autobomba esplosa al passaggio del suo convoglio. Lo riferiscono fonti della sicurezza e giudiziarie. La Corte di Cassazione aveva confermato le condanne a morte il 25 novembre del 2018. Martedì diverse organizzazioni a difesa dei diritti umani avevano rivolto appelli alle autorità chiedendo di rinunciare alle esecuzioni. "Compiere esecuzioni su prigionieri o condannare delle persone sulla base di confessioni estorte sotto tortura non costituisce giustizia", aveva denunciato Amnesty International sottolineando che, senza contare le esecuzioni di oggi, nel 2019 sono già state messe a morte "almeno sei persone" in Egitto "dopo processi macchiati da accuse di tortura".

Nel caso dell'omicidio del procuratore generale, un tribunale di primo grado aveva emesso la condanna a morte nel 2017 per 28 persone. Solo 15 dei 28 erano presenti a questa udienza e a quella di novembre del 2018 davanti alla Corte di Cassazione; in quell'occasione, per sei dei 15 condannati la pena di morte era stata commutata in ergastolo, che in Egitto equivale a 25 anni di carcere. L'attentato contro il procuratore generale, che aveva sconvolto l'Egitto, non era stato rivendicato, ma la polizia aveva annunciato di avere arrestato dei membri dei Fratelli musulmani, organizzazione considerata "terroristica" dal Cairo. Barakat aveva ordinato l'incriminazione di migliaia di presunti membri dei Fratelli musulmani e di simpatizzanti dell'ex presidente egiziano Mohamed Morsi, destituito nel 2013 dall'esercito allora guidato dal generale Abdel Fattah al-Sisi, oggi presidente. La Fratellanza musulmana è stata messa fuori legge e classificata come organizzazione terroristica a dicembre del 2013, solo pochi mesi dopo la cacciata di Morsi.

Dopo il rovesciamento di Morsi, da una parte gruppi estremisti hanno moltiplicato gli attentati contro forze di sicurezza e dall'altra centinaia di sostenitori dei Fratelli musulmani e di Morsi sono stati condannati a morte o a pene detentive. Il modo in cui si sono svolti alcuni di questi processi è stato criticato dall'Onu e da organizzazioni a difesa dei diritti umani. Molte delle condanne a morte sono state emesse in processi di massa, con centinaia di imputati, durati solo pochi giorni. La scorsa settimana in Egitto erano state impiccate tre persone condannate per l'omicidio del 2013 dell'alto funzionario di polizia Nabil Farag. La settimana prima, secondo quanto ha riferito Human Rights Watch, erano stati impiccati tre giovani "detenuti politici" condannati per l'omicidio del figlio di un giudice risalente a settembre del 2013.

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