Shein apre il suo primo negozio a Parigi. Nonostante le polemiche che hanno preceduto la sua apertura, annunciata il 1° ottobre scorso, il colosso cinese di abbigliamento ha aperto ufficialmente alle 13 di oggi, 5 novembre, il suo store presso il grande magazzino BHV Marais della capitale francese.
Il presidente della Société des Grands Magasins (SGM), Frédéric Merlin, ha ribadito nei giorni scorsi la sua determinazione a proseguire questa partnership nonostante le numerose critiche. Politici, consumatori e altri operatori del mercato hanno denunciato il modello di Shein, basato sulla moda ultra-veloce. La controversia ha assunto una nuova dimensione con la rivelazione della vendita di bambole gonfiabili con sembianze infantili sul sito web di Shein.

Le critiche degli ambientalisti e la bufera sulle bambole gonfiabili
Il colosso del fast fashion si trova ad affrontare la valanga di reazioni negative all’apertura del suo primo negozio permanente a Parigi da parte di gruppi ambientalisti, del Comune di Parigi e dell’industria della moda francese. Il rivenditore è anche sotto accusa dopo che la scorsa settimana le autorità francesi hanno trovato sul sito web di Shein bambole sessuali che sembravano bambini; il caso è stato deferito alla procura e il governo ha avvertito che la piattaforma di e-commerce globale potrebbe essere esclusa dal mercato francese se tali contenuti dovessero riapparire.
In risposta, Shein ha dichiarato di aver ritirato dalla vendita tutte le sex dolls e di aver temporaneamente rimosso la categoria di prodotti per adulti per una revisione. L’azienda ha anche avviato un’indagine per determinare in che modo le inserzioni abbiano aggirato le sue misure di controllo.
Le proteste davanti al negozio Shein di Parigi
Stamattina diverse decine di manifestanti si sono accampati fuori dal grande magazzino BHV, mentre alcuni acquirenti facevano la fila prima dell’inaugurazione. Una petizione online contro l’inaugurazione di Parigi ha superato le 120mila firme, e gruppi ambientalisti e per la tutela dei minori hanno condannato Shein.

La Société des Grands Magasins (SGM), proprietaria del grande magazzino BHV Marais nel centro di Parigi, ha definito inaccettabile la vendita delle sex dolls, ma ha elogiato Shein per la sua rapida risposta nel disinnescare la controversia. Negli ultimi anni, BHV ha attraversato difficoltà finanziarie e SGM ritiene che l’arrivo di Shein contribuirà a rilanciare l’attività, nonostante alcuni marchi abbiano scelto di abbandonare il negozio in segno di protesta.
Shein, il colosso cinese del fast fashion
Fondata in Cina nel 2012 e ora con sede a Singapore, Shein è cresciuta rapidamente fino a diventare un colosso globale del fast fashion. Vendendo principalmente abiti e prodotti di fabbricazione cinese a prezzi stracciati, il rivenditore ha attirato critiche per le accuse secondo cui le sue catene di approvvigionamento potrebbero essere contaminate dal lavoro forzato, anche nella provincia cinese dello Xinjiang, nell’estremo ovest della Cina, dove i gruppi per i diritti umani affermano che Pechino ha commesso gravi violazioni dei diritti umani contro membri del gruppo etnico uiguro e altre minoranze musulmane.
Il fast fashion, caratterizzato da un ricambio costante delle collezioni e da prezzi molto bassi, ha inondato i mercati europei di articoli di bassa qualità, con conseguenti costi ambientali, sociali ed economici. Le Nazioni Unite hanno avvertito che l’industria tessile da sola è responsabile di quasi il 10% delle emissioni globali di gas serra e contribuisce all’esaurimento delle risorse idriche. La Francia si sta ora muovendo per frenare la crescente influenza delle aziende con sede nei Paesi del Sud-Est asiatico come Shein, Temu o AliExpress. Un disegno di legge prende di mira il fast fashion con misure come campagne di sensibilizzazione dei consumatori, divieti pubblicitari, tasse sui piccoli pacchi importati e norme più severe sulla gestione dei rifiuti. Il Senato ha adottato la proposta all’inizio di quest’anno e il governo ha informato la Commissione europea in vista di una riunione per la finalizzazione del testo. In Italia è la Lega ad aver avviato una “battaglia” contro questi colossi dell’e-commerce.

