La ministra spagnola della Gioventù e dell’Infanzia, Sira Rego, che è stata recentemente sanzionata da Israele, ritiene un “gesto positivo” e un “passo necessario” il riconoscimento dello Stato della Palestina da parte di Paesi come la Francia e il Regno Unito, ma la reputa comunque una misura “insufficiente per fermare il genocidio a Gaza”. In un’intervista rilasciata a LaPresse, Rego, il cui padre è palestinese, esorta l’Ue a “uscire dal letargo” e a “interrompere tutte le relazioni con Israele”, ascoltando il grido della società civile europea che “chiede giustizia” e che in Italia, come nel resto del mondo, “sta dando lezioni di dignità”. Alla ministra di Izquierda Unida-Sumar, il governo di Benjamin Netanyahu ha impedito l’ingresso nel Paese dopo che il premier Pedro Sanchez ha annunciato una batteria di misure per fermare Israele. Per la ministra questo significa, di fatto, non poter entrare in Cisgiordania, dove vive parte della sua famiglia. Confida che per lei “è doloroso” non poter tornare a casa, ma che ciò che trova “davvero insopportabile” sia “il genocidio a Gaza”. Per questo, afferma, “non è un’opzione smettere di alzare la voce per la pace, per i diritti umani e per il popolo palestinese”. Il pensiero che Israele possa vendicarsi sulla sua famiglia per la sua attività politica la “accompagna costantemente”, ma era vivo già prima che fosse pubblicamente segnalata da Tel Aviv. “Gli arresti arbitrari o le percosse sono diventati all’ordine del giorno in Cisgiordania – L’esercito sionista irrompe periodicamente nelle città, costringendo le persone che vi abitano a rifugiarsi nelle loro case, a chiudere le loro attività commerciali, quindi la paura di chi ha la famiglia lì è costante“, racconta. In queste ore un pensiero è rivolto anche alla Global Sumud Flotilla, che è stata attaccata nella notte. Rego chiede un’indagine “immediata” e ribadisce “l’impegno del governo a proteggere i cittadini spagnoli a bordo”.
“La società civile organizzata sta dando lezioni di dignità”
Interrogata sulla posizione del governo italiano secondo cui “prima di riconoscere lo Stato di Palestina occorrerebbe costruirlo, perché oggi non esiste”, la ministra spagnola risponde che il riconoscimento della Palestina “non è la fine di un processo, ma un passo necessario per renderlo possibile”, e ricorda che “se la Palestina finora non è riuscita a costruirsi è perché è stata sottoposta all’occupazione militare di Israele e a un blocco sistematico delle sue istituzioni, della sua economia e della sua vita quotidiana”. La ministra afferma che i governi si trovano ora di fronte a una scelta, “continuare a sostenere le azioni di Benjamin Netanyahu o ascoltare la voce della propria società civile che chiede giustizia”. “In Italia, come nel resto del mondo, la società civile organizzata sta dando lezioni di dignità. Lunedì abbiamo visto le strade di molte città italiane piene di persone che hanno partecipato allo sciopero generale in solidarietà con la Palestina e il suo popolo. Ogni persona che scende in piazza contro la barbarie è una spinta indispensabile per porre fine al genocidio“, dice, in riferimento alla protesta per Gaza a cui hanno aderito migliaia di persone in oltre ottanta città italiane.

“Misure annunciate dalla Commissione Ue? Solo fumo”
Parlando delle misure annunciate dalla Commissione Ue contro Israele, come la sospensione parziale dell’Accordo di Associazione, la ministra commenta che non si tratta di vere sanzioni. “È solo fumo: comportano la sospensione di appena l’1,4% delle esportazioni israeliane, una cifra ridicola di fronte a un genocidio che dura ormai da quasi due anni”, afferma, esortando poi l’Ue a “non essere complice”. “Ogni giorno di inazione è un assegno in bianco per continuare a uccidere civili e distruggere Gaza”, avverte Rego, accusando poi la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen di aver “preferito la foto con il presidente di Israele Isaac Herzog e con il premier Benjamin Netanyahu piuttosto che schierarsi dalla parte della giustizia internazionale, come ha fatto il Sudafrica all’Aia”, in riferimento alla denuncia per genocidio che Pretoria ha presentato davanti alla Corte internazionale di Giustizia. Per Rego “una revisione parziale degli accordi con Israele non ha senso” perché “la popolazione di Gaza non subisce un genocidio parziale, non muore parzialmente, non soffre la fame parzialmente”. Pur evidenziando i ritardi di Bruxelles, la ministra sottolinea il ruolo degli Usa il cui presidente Donald Trump ha “pubblicamente dichiarato che costruirà un resort turistico a Gaza”.
“Escludere Israele da Eurovision può aumentare pressione contro il genocidio”
La ministra di Izquierda Unida-Sumar sprona anche gli alleati di governo, il Psoe del premier Pedro Sanchez, a fare di più, ad andare oltre le misure già approvate e ad arrivare a una “rottura totale delle relazioni diplomatiche, commerciali ed economiche” con lo Stato ebraico. Secondo la ministra anche l’esclusione di Israele da competizioni sportive o da un evento come l’Eurovision può essere un modo per “aumentare la pressione contro il genocidio” ed evitare che Tel Aviv usi queste vetrine di prestigio internazionale per “ripulire la sua immagine”. Nei giorni scorsi il consiglio di amministrazione della radio tv pubblica spagnola Rtve ha deciso che la Spagna non parteciperà all’Eurovision se ci sarà Israele, mentre a Madrid manifestanti hanno protestato contro la partecipazione della squadra Israel Premier Tech alla Vuelta, portando alla sospensione dell’ultima tappa della competizione ciclistica. “Proprio come è stato isolato il regime sudafricano dell’apartheid per rendere visibile l’ingiustizia”, afferma Rego, “oggi è necessario segnalare uno Stato che occupa illegalmente territori, viola ripetutamente le risoluzioni delle Nazioni Unite e da quasi due anni stermina la popolazione di Gaza“.