A LaPresse spiega: "Il mio 'Il libro della scomparsa' voleva essere una sorta di avvertimento, la Nakba è ancora in corso"
“Le bombe che cadono sui bambini di Gaza non piovono dal cielo ma da aerei che trasportano bombe prodotte in qualche paese occidentale. Molti Paesi sono complici e corresponsabili del genocidio“. Non usa mezzi termini Ibtisam Azem, scrittrice palestinese che in questi giorni è in tour in Italia, fino al Salone del Libro di Torino nel weekend, per presentare il suo ‘Il libro della scomparsa’, pubblicato in Italia da Hopefulmonster nella collana ‘La stanza del mondo’. Il testo non è uscito di recente: è stato scritto 10 anni fa e pubblicato in Italia prima del 7 ottobre 2023. Ma la vicenda che narra ha un’attualità quasi spaventosa: racconta la scomparsa improvvisa di tutti i palestinesi (in realtà, di tutti gli arabi) da Israele. Un libro che ha tratti distopici ma anche una somiglianza col presente impressionante. Il libro è stato nella Long List del Booker Prize 2025.
Il genocidio a Gaza: perché per la scrittrice è importante definirlo così
“Non volevo che il romanzo trattasse solo delle reazioni della società israeliana alla scomparsa dei palestinesi” spiega a LaPresse la scrittrice, nata e cresciuta a Taybeh, paese della Cisgiordania vicino a Giaffa. “Volevo che si concentrasse anche sulla narrazione palestinese e sulla speranza, la memoria, l’oblio e la resilienza. La memoria palestinese e il modo in cui il mondo ha dimenticato la loro Nakba. Da bambino, ascoltando i racconti dei miei nonni sulla Nakba e sullo sfollamento, mi chiedevo sempre: com’è stato possibile che tutto ciò accadesse e il mondo rimanesse in silenzio? La guerra genocida contro Gaza oggi dimostra che è possibile“. “Il romanzo era una sorta di avvertimento su uno scenario potenziale, anche perché la Nakba è ancora in corso: Israele ha occupato ciò che restava della Palestina nel 1967 e oggi vediamo cosa sta accadendo a Gaza”.
Per Ibtisam Ezem è importante parlare di genocidio e non di conflitto. “Quando parliamo di ‘conflitto’, questo presuppone che avvenga tra due stati o regioni. Quello che sta accadendo a Gaza è un genocidio (e parte di ciò che il sistema coloniale di insediamento israeliano sta attuando) a tutti gli effetti. La Corte Internazionale di Giustizia ha accettato di esaminare il caso presentato dal Sudafrica contro Israele. Probabilmente ci vorranno anni per emettere una sentenza, ma accettare di analizzarlo significa che le prove sono sufficienti”.
Il libro ambientato a Tel Aviv
Nel libro, al centro, c’è la storia di una strana amicizia tra Ariel, israeliano, e Araal, palestinese, entrambi a Tel Aviv. Dopo la scomparsa dei palestinesi, e dunque anche di Araal, Ariel sembra disperato ma in poco tempo compie un gesto molto forte: occupa, di fatto, la casa dell’amico. E’ una metafora dell’occupazione israeliana? “Sì – spiega la scrittrice – In Palestina, sotto il dominio israeliano, ci sono diversi sistemi coloniali di occupazione e apartheid che si intersecano e si applicano in modo diverso ai diversi gruppi di palestinesi che vivono nella Palestina storica”.
“Volevo che il romanzo fosse uno specchio di ciò che è accaduto in passato, quando la maggior parte dei palestinesi fu cacciata (scomparve) nel 1948 e non poté fare ritorno, nonostante l’esistenza del diritto al ritorno sancito dalla risoluzione Onu 194, che è ancora valida. Come promemoria, i militanti sionisti israeliani commisero numerosi massacri contro i palestinesi” spiega ancora Ibtisam Azem.
La vita negli Stati Uniti tra speranza e paura
La scrittrice vive e lavora a New York. “Ho sentimenti contrastanti riguardo al vivere negli Stati Uniti. Da un lato, amo molto New York e mi sono creato un piccolo angolo dove mi sento a mio agio, anche da straniero. Ma al di là delle politiche statunitensi verso la Palestina, sono contraria personalmente anche alle disuguaglianze e all’oppressione che esistono lì, non solo sotto Donald Trump” spiega.
“Gli Stati Uniti sono un paese coloniale fondato sul massacro dei popoli indigeni. È difficile separare la storia americana dal suo sostegno illimitato, militare, logistico ed economico alla guerra israeliana, perché gli USA non hanno mai fatto davvero i conti con il proprio passato. Molti stati europei non sono migliori: si limitano alla retorica e non affrontano ciò che accade con la stessa determinazione mostrata per esempio con l’invasione russa dell’Ucraina. Questo doppio standard è evidente e i paesi europei e tutti gli altri paesi silenziosi sono complici e corresponsabili di quanto sta accadendo ai palestinesi. Le bombe che cadono sui bambini di Gaza non piovono dal cielo: cadono da aerei che trasportano bombe prodotte in qualche paese occidentale”.
Scrittrice e giornalista, Ibtisam Azem ha seguito anche le proteste universitarie di questo periodo, come quella alla Columbia University: “Come giornalista, ho seguito personalmente le proteste studentesche in diverse università, e non nego che, nelle decine di interviste che ho fatto, ho percepito una scintilla di speranza che spero non si spenga mai. C’è qualcosa che unisce tutti noi che desideriamo un mondo migliore e più giusto”.
Le prossime opere di Ibtisem Azem su Gaza
Infine, Azem ci racconta delle nuove opere in cantiere: “Uscirà quest’estate una raccolta di racconti, due dei quali sono ispirati a quanto sta accadendo a Gaza. Ma trovo difficile scrivere davvero su ciò che provo e su quello che sta accadendo ora”. E aggiunge: “Cerco di usare le piattaforme a mia disposizione come scrittrice per parlare dell’ingiustizia che colpisce il mio popolo, soprattutto in questo momento. La realtà a Gaza — e in Palestina in generale — va oltre ciò che qualsiasi romanzo può immaginare. Ciò che è in gran parte assente dai media è il continuo colonialismo di insediamento e gli attacchi dei coloni in Cisgiordania e a Gerusalemme. Sto anche lavorando a un progetto di romanzo da anni, che tratta della violenza e della droga, e di come siano legate alla violenza politica. Spero di terminarlo entro l’anno”.
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