Materiale elettronico utile a carpire i 'segreti' e ricostruire la rete di contatti internazionali del presunto 'ingegnere dei droni' di Teheran
Gli Stati Uniti potrebbero chiedere con rogatoria internazionale di farsi consegnare le copie dei cellulari, dispositivi elettronici e chiavette Usb sequestrate a Mohammed Adebini Najafabadi per carpire i ‘segreti’ e ricostruire la rete di contatti internazionali del presunto ‘ingegnere dei droni’ di Teheran. Da quanto si apprende il verbale di perquisizioni e i materiali sequestrati all’iraniano, detenuto in carcere a Opera e arrestato dalla Digos il 16 dicembre a Malpensa su ordine di cattura internazionale di Washington, non è nella disponibilità dei magistrati della quinta sezione penale della Corte d’appello di Milano, chiamati a decidere sull’estradizione dello svizzero-iraniano, ma nelle mani della Procura di Milano che ha aperto un fascicolo senza ipotesi di reato né indagati dopo l’arresto, assegnato al procuratore aggiunto Eugenio Fusco e al Procuratore Marcello Viola. Nessuna richiesta formale di trasmissione è giunta per ora dall’alleato di oltre oceano ma gli Usa potrebbero essere interessati ad avere la lista contatti e le copie forensi di quanto rinvenuto dagli agenti in un trolley.
Si tratta di materiale informatico, documenti, schede tecniche, hard disk, un tablet del 38enne accusato di associazione a delinquere, cospirazione e violazione delle leggi sul commercio di materiale dual-use civile e militare per aver utilizzato la società svizzera Illumove come testa di ponte con Teheran per permettere l’installazione di tecnologia sui droni in uso al Corpo dei Guardiani della Rivoluzione, in particolare sul drone che il 28 gennaio 2024 ha colpito una base in Giordania e ucciso tre soldati americani. Rimane da capire se, in vista di un’eventuale rogatoria, la Procura di Milano debba associare un titolo di reato – ad esempio terrorismo internazionale – al fascicolo e quindi indagare Abedini, e quali sarebbero le conseguenze di un’eventuale scarcerazione dell’ingegnere svizzero-iraniano su iniziativa del ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Nel momento in cui dovesse estinguersi la procedura di estradizione su decisione del Governo, Abedini verrebbe immediatamente liberato e verrebbero meno i presupposti giuridici sulla base dei quali è stato perquisito e sottoposto a sequestri. L’uomo dalla sua cella continua a dichiararsi innocente.
È “stanco e provato – afferma il suo legale, Alfredo De Francesco -. Sta spegnendo la televisione perché, quando si vede in tv è sempre affiancato ad azioni di guerra o militari, o comunque ritenuto responsabile di quei poveri ragazzi americani che sono stati uccisi. Questa è una cosa che veramente lo distrugge dal punto vista umano ed emotivo”. Venerdì mattina è saltata la visita in carcere dell’ambasciatore della Repubblica islamica in Italia, comunque autorizzato a colloqui permanenti con Abedini. “Impegni istituzionali” spiega l’avvocato che ha colto l’occasione per ribadire di essere “sollevato” per la liberazione di Cecilia Sala ma che non c’è alcun “collegamento” con il caso del suo assistito. A 72 ore dal ritorno a casa della giornalista di Chora Media e Il Foglio il ROS dei carabinieri conferma di aver acquisito da Sala “dichiarazioni spontanee” su quanto accaduto dal 19 dicembre in Iran e di averle depositate alla Procura di Roma. I militari smentiscono però di aver in corso “indagini” e di “aver ricevuto specifiche deleghe” dagli inquirenti della Capitale parlando di notizie stampa “prive di fondamento”.
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