A un mese dalla violenta alluvione che ha provocato la morte di 230 persone in Spagna, nell’area metropolitana di Valencia, la più colpita dalla Dana, si continua a spalare il fango da garage, negozi e piani terra. L’inviata di LaPresse Lucrezia Clemente ha raccolto le voci dei residenti e dei volontari che non si sono mai fermati. Ricardo, 30 anni, racconta la notte da incubo che hanno passato i suoi genitori. “Quel pomeriggio lo abbiamo vissuto come normale”, poi verso le sette “l’acqua è iniziata ad arrivare e ha sorpreso i miei genitori” che stavano nel negozio di famiglia, che vende uniformi per le scuole. Il giovane ricorda come l’acqua ha cominciato a salire molto rapidamente, i genitori hanno tentato di aprire la porta che collega la loro abitazione al negozio ma era bloccata. La madre è riuscita ad arrampicarsi sopra a una struttura all’interno della quale c’è il bagno e il figlio dall’appartamento al di sopra è riuscito a fare un buco per permettere alla madre di respirare.
Intanto a Paiporta continua il lavoro dei volontari: all’ora di pranzo si formano lunghe fine agli stand della ong World Central Kitchen, fondata da José Andres, la stessa che portava aiuti a Gaza. “È così tutti i giorni”, riferisce una ragazza che collabora con l’ong, arrivata da Bilbao. L’associazione dà il cibo ai residenti, lo porta nelle case degli anziani che non possono muoversi e prepara anche delle scorte per i volontari della Croce rossa, i militari e l’Ume, le Unità militari di emergenza. I muri di Paiporta sono pieni di scritte di ringraziamento per i volontari, che si sono precipitati già nelle prime ore dal disastro attraversando a piedi il ponte che collega l’area metropolitana alla città di Valencia e che è stato ribattezzato ufficialmente il ‘Ponte della solidarietà’.
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