Trattative arenate, Michel: "Decisione entro fine giugno"

No deal. È un nulla di fatto all’incontro informale tra i leader Ue a Bruxelles sulle nomine europee. Prima del meeting sembrava sicura la strada che portava diretta a una rapida riconferma di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione. Le trattative si sono arenate non tanto sul suo nome ma sul pacchetto dei top jobs e la loro ripartizione politica. Lo scenario di partenza è il seguente: un bis alla Commissione europea di Ursula von der Leyen, candidata principale del Ppe, l’ex premier portoghese socialista Antonio Costa alla presidenza del Consiglio europeo e l’Alto rappresentante per la politica estera alla liberale premier estone Kaja Kallas. D’altronde la cena doveva essere solo una prima occasione per scoprire le carte e confrontarsi, in attesa di prendere le decisioni al Consiglio europeo informale della prossima settimana, del 27 e 28 giugno.

Michel: “Decisione entro fine giugno”

“È stata una buona conversazione che va nella giusta direzione” ma “lo scopo della cena non era prendere una decisione”, ha rimarcato il presidente del Consiglio europeo Charles Michel uscendo dal vertice. Tutto rimandato tra dieci giorni dunque. “Penso sia nostro dovere prendere una decisione entro la fine di giugno“, è la speranza di Michel. A quanto pare, il Ppe, forte della sua vittoria, avrebbe chiesto troppo creando dissidi tra gli altri. La base di partenza è comunque la maggioranza uscente tra popolari, socialisti e liberali.

Orban: “Ignorata la volontà del popolo europeo”

Tuona il premier Viktor Orban, che prima della cena aveva incontrato Giorgia Meloni nell’hotel Amigo al centro di Bruxelles. “Oggi a Bruxelles la volontà del popolo europeo è stata ignorata. Il risultato delle elezioni europee è chiaro: i partiti di destra si sono rafforzati, la sinistra e i liberali hanno perso terreno – ha scritto -. Il Ppe, invece, invece di ascoltare gli elettori, alla fine si è alleato con i socialisti e i liberali: oggi hanno stretto un accordo e si sono spartiti i vertici dell’Ue”.

Scholz e Tusk frenano le destre

La prima pedina da sistemare è la presidenza della Commissione, da scegliere a maggioranza qualificata. Von der Leyen ha dalla sua 13 capi di Stato e di governo della famiglia popolare. La nomina deve passare per il voto – segreto – al Parlamento europeo. Partendo dalle forze che compongono l’attuale maggioranza – popolari, socialisti e liberali – c’è già una maggioranza di 406 voti, su 361 necessari. Il punto è se allargare la maggioranza a Fratelli d’Italia. L’orientamento generale per ora è ripartire dalla coalizione consolidata delle tre forze tradizionali. Lo dice chiaramente il cancelliere socialista Olaf Scholz, secondo cui “l’obiettivo è raggiungere rapidamente una soluzione costruttiva in Parlamento”. “Quello che deve essere chiaro – ribadisce – è che il Parlamento non deve sostenere una presidenza della Commissione che si basa su partiti di destra e populisti di destra. C’è una maggioranza stabile delle piattaforme politiche che finora hanno collaborato a stretto contatto in Parlamento”.

Anche il premier polacco, del Ppe, Donald Tusk “c’è “una maggioranza nel Parlamento composta dai partiti orientati al centro, come i socialdemocratici, il Ppe, i liberali. Penso che sia più che sufficiente per organizzare l’intero nuovo panorama, inclusa l’elezione del Presidente della Commissione”. Per il ministro Antonio Tajani, vicepresidente del Ppe, “non si possono chiudere le porte ai Conservatori perché una realtà così variegata come il Parlamento europeo non può chiudersi in una maggioranza a tre, bisogna mantenere il dialogo“. A differenza di cinque anni fa, questa volta ci sono anche i Verdi che vorrebbero entrare in maggioranza. Un’ipotesi caldeggiata dai socialisti ma non da una larga fetta del Ppe. “Non possiamo fare concessioni ai Verdi, perché abbiamo bisogno di una politica europea nella lotta contro il cambiamento climatico che non sia una politica fondamentalista, ma che sia una politica pragmatica”, rimarca Tajani. Il titolare della Farnesina auspica per l’Italia “un vicepresidente e un portafoglio di grande importanza”.

I negoziati con Fratelli d’Italia

Né i socialisti di S&D, né i liberali di Renew Europe vogliono però negoziare con il partito di Giorgia Meloni. A maggior ragione ora che la premier italiana e il suo partito sono nell’occhio del ciclone per l’inchiesta sulla gioventù di Fratelli d’Italia con saluti romani e gladiatorii e per l’indiscrezione su un possibile ritardo della pubblicazione del Rapporto sullo Stato di diritto, prevista a inizio luglio, da parte della Commissione europea per non dar fastidio all’Italia e compromettere un sostegno a un bis di von der Leyen. “La visione della Commissione e della presidente sul simbolismo fascista è molto chiara. Non crediamo che sia appropriato. Lo condanniamo. Pensiamo che sia moralmente sbagliato – commenta il portavoce capo dell’Esecutivo Ue -. Siamo molto chiari su questo”. 

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