Circa 120mila euro per ognuna delle note figure pro-democrazia, Regno Unito accusato di aver dato rifugio ai latitanti
La polizia di Hong Kong ha posto una taglia sulla testa di otto attivisti auto-esiliati, offrendo una ricompensa da 1 milione di dollari di Hong Kong (oltre 117mila e 200 euro) per la cattura di ciascuno di essi. Lo riportano i media locali. Nel mirino delle forze dell’ordine di Hong Kong ci sono gli ex parlamentari Ted Hui e Dennis Kwok, gli attivisti Nathan Law, Anna Kwok, Elmer Yuen, Mung Siu-tat e Finn Law e l’avvocato Kevin Yam. La mossa arriva a una settimana dall’editoriale, pubblicato sul quotidiano statale Ta Kung Pao, nel quale si affermava che la legge sulla sicurezza nazionale, approvata tre anni fa, si applica anche alle persone che si trovano al di fuori di Hong Kong.
Regno Unito accusato di dar rifugio ad attivisti
La Cina ha accusato il Regno Unito di proteggere i fuggitivi dopo che il ministro degli Esteri britannico ha criticato la decisione di Hong Kong di offrire una ‘taglia’ per l’arresto di 8 attivisti per la democrazia con sede all’estero.
L’ambasciata cinese a Londra ha dichiarato: “I politici britannici hanno offerto apertamente protezione ai fuggitivi. Questa è una grossolana interferenza nello stato di diritto di Hong Kong e negli affari interni della Cina”. Il governatore John Lee ha ribadito che l’unico modo per gli attivisti di “porre fine al loro destino di latitanti” poiché “saranno perseguitati a vita” è “arrendersi” e li ha esortati “a consegnarsi il prima possibile”.
Usa condannano taglia su attivisti in auto-esilio
Gli Stati Uniti hanno condannato la taglia messa dalle autorità di Hong Kong su otto attivisti in auto esilio, affermando che l’applicazione extraterritoriale della legge sulla sicurezza rappresenta un pericoloso precedente che minaccia i diritti umani. “Chiediamo al governo di Hong Kong di ritirare immediatamente questa taglia, rispettare la sovranità di altri Paesi e fermare l’applicazione internazionale della legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino”, ha affermato Matthew Miller, portavoce del Dipartimento di Stato americano.
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