"È la prima volta in assoluto che un tribunale di uno Stato membro constata l'incompatibilità dei trattati dell'Ue con la costituzione nazionale", ha tuonato la presidente.

E’ scontro aperto tra il governo di Varsavia e la Commissione europea. In un dibattito nella plenaria del Parlamento europeo senza precedenti il premier polacco, Mateusz Morawiecki, ha sfoggiato tutto il suo armamentario in una lunga requisitoria contro le istituzioni di Bruxelles e gli altri Stati. Da parte sua nessun passo indietro, anzi, piuttosto un invito ad alzare i toni e una sfida aperta. Tanto che il premier polacco invece di parlare nei cinque minuti previsti si è preso 35 minuti, suscitando le proteste dei presenti.
Morawiecki, che ha ribadito che non vogliono una Polexit, e che stare nell’Ue è “una scelta di civiltà”, e “questo è il nostro posto”, ha poi lanciato le sue invettive contro tutti. “Non possiamo tacere nel momento in cui il nostro paese è attaccato in maniera parziale e ingiustificata, le regole del gioco devono essere le stesse per tutti e vanno rispettate da tutti, anche dalle istituzioni create dai trattati”, ha detto. “Il diritto dell’Ue ha primato sullo stato di diritto ma a livello di leggi ordinarie, questo principio vale in tutti gli Stati. Se le istituzioni oltrepassano le loro competenze gli Stati membri devono avere strumenti per reagire ma l’Ue non è uno Stato”. “Non è ammissibile che si parli di ricatti, respingo la lingua delle minacce e delle imposizioni”, ha affermato.

Dal canto suo, la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, mai così seria e solenne, a tratti arrabbiata e scura in volto, ha tenuto una linea ferma e irremovibile, di chi sente di avere la sua ragione. “E’ una sfida diretta all’unità dell’ordinamento giuridico europeo. Solo un ordinamento giuridico comune garantisce pari diritti, certezza del diritto, fiducia reciproca tra gli Stati membri e quindi politiche comuni. È la prima volta in assoluto che un tribunale di uno Stato membro constata l’incompatibilità dei trattati dell’Ue con la costituzione nazionale“, ha tuonato la presidente.
“Non possiamo e non permetteremo che i nostri valori comuni siano messi a rischio. La Commissione agirà. E le opzioni sono tutte note”, ha rimarcato.

La prima opzione sono le procedure di infrazione, in cui si impugna legalmente la sentenza della Corte costituzionale polacca. Una strada che prima di portare a sanzioni potrebbe richiedere due anni. Un’altra opzione – ha aggiunto la presidente – è il meccanismo di condizionalità, che bloccherebbe i fondi europei al paese e che la Commissione, vista l’urgenza, potrebbe già attivare prima dell’esito pendente del ricorso di Polonia e Ungheria presso la Corte di giustizia europea. La terza opzione è la procedura dell’articolo 7 del Trattato dell’Ue. Un tema che va riaperto “perché permettetemi di ricordarvi: la Corte costituzionale polacca che oggi ha messo in dubbio la validità del nostro Trattato è la stessa corte che ai sensi dell’articolo 7 consideriamo non indipendente e legittima. Questo arriva in molti modi al punto di partenza”, ha detto con der Leyen.
Ma nell’immediato la spada di Damocle che pende sulla testa del governo di Varsavia potrebbe essere proprio la mancata approvazione da parte della Commissione Ue del piano di ripresa e resilienza da circa 36 miliardi di euro. E la presidente dell’esecutivo europeo lo ha fatto intendere nella sua replica al termine di quattro ore di dibattito. “Per il Recovery fund le regole sono chiarissime, le riforme devono seguire le raccomandazioni specifiche per paese, una di queste per la Polonia è il ripristino dell’indipendenza della giustizia. Questo significa eliminare la sezione disciplinare e il regime disciplinare e il ripristino dei giudici che sono stati illegittimamente licenziati. Questo è un presupposto. Lei ha detto che lo farete e io vi dico: fatelo”, ha detto rivolgendosi a Morawiecki, che poco prima aveva detto di voler eliminare la sezione disciplinare ma solo perché non funzionava come avrebbe voluto.

Entrambi i contendenti hanno fatto leva sulla storia. Il premier polacco ha fatto leva sulla lunga storia di sviluppo di democrazia del suo paese, che ha salvato Parigi e Berlino dagli attacchi bolscevichi, che ha combattuto contro il Terzo Reich, e negli anni ’80, con Solidarnosc ha dato la speranza di rovesciare il sistema totalitaristico russo. In risposta, Von der Leyen, che si è detta non solo molto preoccupata ma dispiaciuta per essere arrivati a questa situazione, ha ricordato l’esempio di Karol Wojtyla, come Papa Giovanni Paolo II, che cambiò per sempre la storia europea, di Lech Walesa che con un gruppo sparso di sindacalisti ha sconfitto un potente esercito, e del presidente Lech Kaczynski che ha ratificato il Trattato di Lisbona insieme alla Carta dei diritti fondamentali. “I polacchi hanno svolto un ruolo fondamentale nel rendere integra la nostra Unione, consentendo alla loro patria di prosperare come parte vitale della nostra Unione. E lo saranno sempre”, ha rimarcato facendo intendere che l’Ue è dalla parte dei polacchi, gli stessi che hanno manifestato in massa nelle strade per l’Europa, che sono un’altra cosa dal governo di Varsavia.

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