Cresce il bilancio mentre non si placano le manifestazioni
Drammatica escalation in Birmania, dove almeno 38 persone sono state uccise nella sola giornata di mercoledì nelle proteste contro il colpo di stato del 1 febbraio. La repressione da parte delle forze di sicurezza diventa sempre più violenta, mentre molti video mostrano gli attacchi dei soldati a dimostranti pacifici, giornalisti, personale sanitario. Il bilancio più drammatico sinora era quello di domenica, quando secondo l’Onu i morti erano stati 18. Ora l’inviata speciale delle Nazioni unite in Birmania, Christine Schraner Burgener, ha parlato di almeno altre 38 persone uccise. L’escalation potrebbe forse spingere a posizioni più decise la comunità internazionale, che sinora ha condannato in modo intermittente le violenze. La situazione è tuttavia sfortunatamente familiare al Paese, che ha una lunga storia di resistenza pacifica al regime militare, nonché alla brutale repressione. Il golpe del 1 febbraio ha messo fine ad anni di lenti progressi verso la democrazia, dopo cinquant’anni di regime militare.
Riprese delle nuove proteste hanno mostrato le forze di sicurezza sparare con fionde e armi da fuoco, dar la caccia e picchiare brutalmente non solo i dimostranti ma anche membri del personale sanitario. Già nei giorni scorsi era stato denunciato l’uso di armi letali, ma anche di gas lacrimogeni e proiettili di gomma. Nonostante la repressione, che si è intensificata con il passare dei giorni, le proteste proseguono in molte città per chiedere ai militari di lasciare il potere preso con la forza, restituendolo al governo eletto della leader Aung San Suu Kyi.
Secondo un elenco redatto da un esperto di elaborazione dati birmano, che ha in precedenza contato 33 morti, il maggior numero di persone uccise è stato registrato a Rangoon, con 18 morti. Altre persone sono morte a Monya, Salin e Mandalay, Mawlamyine, Myingyan e Kalay. Ma le forze di sicurezza hanno anche arrestato centinaia di persone, inclusi molti giornalisti. Sabato almeno otto erano stati fermati, incluso Thein Zaw di Associated Press. Un video mostra l’arresto, in cui è stato inseguito e sottoposto a chokehold (stretta alla gola) prima di essere portato via. È stato incriminato per violazione della legge sulla sicurezza pubblica, per cui rischia fino a tre anni di carcere.
L’escalation della repressione ha portato a un aumento di pressione diplomatica per la risoluzione della crisi politica, ma le vie percorribili paiono poche. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite terrà venerdì un incontro a porte chiuse, hanno riferito diplomatici, su richiesta del Regno Unito. Tuttavia, qualsiasi forma di azione coordinata all’organismo internazionale è improbabile visto che due membri permanenti del Consiglio (Cina e Russia) quasi certamente porranno il veto. Alcuni Paesi, intanto, hanno imposto o stanno valutando proprie sanzioni. Improbabili anche azioni dell’Associazione delle nazioni del Sudest asiatico, di cui la Birmania è membro. Il gruppo di 10 Paesi ha una tradizione di non interferenza nei rispettivi affari interni. Una dichiarazione diffusa dall’Associazione si è limitata a chiedere la fine della violenza e colloqui per trovare una soluzione pacifica.
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