La valuta turca ha perso un altro 7% sui mercati asiatici rispetto al dollaro. Continua lo scontro tra Erdogan e Trump
Continua la discesa della lira turca, anche se con un ritmo meno vertiginoso di quello visto la scorsa settimana: se venerdì sera il calo rispetto al dollaro era oltre il 15%, nella serata di lunedì l'arretramento si aggira poco sottoli 9%, con la divisa turca che si avvicina comunque pericolosamente a quota 7 nel crosso col dollaro. A parlare sono stati il presidente, Recep Tayyip Erdogan, il ministro Berat Albayrak e la banca centrale, tutti con toni rassicuranti. "Non siamo al punto di affondare ed essere finiti. La dinamica dell'economia turca è solida, forte e sicura, continueremo così", ha affermato Erdogan, che non ha mancato di riservare una stoccata agli Stati Uniti, accusati di cercare "di accoltellare alle spalle" un partner strategico all'interno della Nato, come è appunto Ankara per Washington. Il titolare delle Finanze ha invece annunciato un "piano d'azione" mirato a dare sollievo ai mercati e incentrato sullo stato "delle nostre banche e delle piccole e medie imprese". Mentre l'istituto centrale si è detto pronto a prendere "tutte le misure necessarie" per assicurare la stabilità finanziaria.
La situazione in Turchia continua però a tenere in apprensione anche le altre economie mondiali. A trovarsi sotto pressione sono le valute dei Paesi emergenti, ancora fortemente dipendenti dal capitale straniero e le cui fragilità sono messe in luce da questa situazione di crisi: dal rand sudafricano al peso argentino, passando per il real brasiliano e il rublo russo. Ma anche l'euro, che rimane sotto quota 1,14 dollari. Non mancano poi gli effetti sulle Borse: in Asia si sono registrati il -1,98% del Nikkei di Tokyo e il -1,52% dell'Hang Seng di Hong Kong, mentre a consentire alle piazze europee è stata la partenza in territorio positivo di Wall Street, che non ha comunque evitato chiusure in moderato ribasso tanto a Milano quanto a Londra e Francoforte. "La Commissione sta seguendo da vicino gli sviluppi sui mercati globali", ha spiegato un portavoce Ue in conferenza stampa a Bruxelles, restando comunque fedele alla prassi di non commentare i movimenti di mercato. "Siamo consapevoli – ha d'altra parte sottolineato – del potenziale impatto sulle banche europee dell'evoluzione della lira turca"
La crisi turca – Secondo gli analisti, la crisi turca (che nasce certamente nell'immediato dalla rottura sul caso Brunson) ha origini più profonde che vanno dall'inflazione elevata e alla debolezza della lira. Durante le ultime settimane la banca centrale turca ha sfidato le richieste dei mercati internazionali per i rialzi dei tassi d'interesse. Ma Erdogan ha sempre risposto negativamente chiedendo di mantenerli bassi e definendoli "strumento di sfruttamento del popolo". D'altra parte, però, quando venerdì Erdogan ha chiesto ai turchi di non abbandonare la loro valuta che stava crollando e di non precipitarsi a cambiare gli stipendi in dollari, la risposta della gente non sembra essere stata positiva. Il caso Brunson è solo una delle molte questioni aperte tra Turchia e Stati Uniti, che vanno dalla Siria alle relazioni (sempre migliori) di Ankara con Mosca. Erdogan ha anche risposto duramente alle autorità statunitensi per aver condannato Mehmet Hakan Atilla, 47 anni, vicedirettore generale della finanziaria turca Halkbank con l'accusa di aver aiutato l'Iran a eludere le sanzioni petrolifere decise dagli Stati Uniti.
La borsa italiana. Piazza Affari ha chiuso la prima seduta della settimana di Ferragosto in calo, proseguendo i ribassi della scorsa ottava. Tuttavia il listino milanese è riuscito a limitare i danni e terminare lontano dai minimi di giornata, grazie all'andamento positivo di Wall Street. Dopo aver toccato un minimo intraday a 20.886, che corrisponde con i minimi 2018, l'indice Ftse Mib ha recuperato e sul finale ha segnato un ribasso dello 0,58% a 20.969,26 punti, perdendo per un soffio la soglia psicologica dei 21.000 punti. A riaccendersi è però la febbre dello spread, che chiude a quota 278,8 punti base, col rendimento del Btp che si porta fino al 3,1% sul mercato secondario. Nel corso della giornata il differenziale si è avvicinato pericolosamente ai picchi toccati il 29 maggio (quando arrivò a 287 punti base) all'apice della crisi politica.
A soffrire, in questo contesto, sono ancora una volta le banche che vedono i loro titoli in calo. La performance peggiore è quella Banco Bpm, con un -3,01% a 2,24 euro. Seguono a ruota Ubi Banca (-2,89% a 3,39 euro) e Unicredit (-2,58% a 13,34 euro), su cui pesano anche i timori per la forte esposizione in Turchia. Male anche Leonardo (-2,66%). Secondo indiscrezioni di stampa, il gruppo italiano sarebbe in svantaggio nella gara per il contratto T-X per l'acquisto di 350 aerei addestratori da parte dell'aviazione americana. I competitors nella gara sono Boeing e Lockheed Martin. Tra gli acquisti, invece, si è distinta Moncler che ha incassato un +2,72% a 38,08 euro. Bene anche Azimut, che a guadagnato il 2,4% in scia ad alcune speculazioni della stampa italiana circa un interesse di Mediobanca per la società. Secondo tali indiscrezioni sarebbe Mediobanca ad essere interessata ad Azimut e l'operazione potrebbe prendere forma di Opas. Chiudendo sull'oil&gas, si registrano poi la chiusura sulla parità di Eni (+0,01% a 15,958 euro) e quella in rosso di Tenaris (-0,93% a 14,94 euro), mentre Saipem guadagna lo 0,61% a 4,46 euro. Oggi l'Opec ha leggermente rivisto al ribasso la sua previsione sulla domanda mondiale di petrolio nel 2019, portandola a 32,05 milioni di barili al giorno.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata