La causa era stata presentata un italiano e da un neozelandese
La Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l'Italia per discriminazione nei confronti di una coppia omosessuale. In particolare, si tratta della violazione dell'Articolo 14 (proibizione della discriminazione), assieme all'articolo 8 (diritto del rispetto per la vita privata e famigliare) della Convenzione europea dei diritti umani. La causa era stata presentata dalla coppia formata dall'italiano Roberto Taddeucci e dal neozelandese Douglas McCallCon. Con sei voti favorevoli e uno contrario, la Corte ha stabilito che le autorità italiane sono in torto per non aver garantito un permesso di soggiorno per ricongiugimento familiare a McCall. Ed ha quindi condannato l'Italia a pagare 20mila euro alle parti offese. Secondo gli articoli 43 e 44 della Convenzione, la sentenza non è ancora definitiva e lo diverrà tra tre mesi se non verrà presentato un appello.
Secondo la sentenza, la coppia non poteva essere considerata alla stessa stregua di una coppia eterosessuale non sposata, perché in Italia non esiste il matrimonio gay. E quindi secondo la legge nazionale i due non potevano in alcun modo essere definiti 'sposi'. L'interpretazione restrittiva della nozione di membro di una famiglia costituita, per le coppia omosessuali, dice la Corte, è un ostacolo insuperabile per garantire un permesso di residenza su base familiare. Questa interpretazione restrittiva del concetto di membro della famiglia, per come è stato applicato a McCall, prosegue la sentenza, non tiene in considerazione la situazione personale dei due, in particolare l'impossibilità di ottenere una qualsiasi forma di riconoscimento legale della relazione in Italia.
Lo Stato italiano, decidendo di trattare le coppie omosessuali allo stesso modo di quelle eterosessuali, ha violato secondo la Corte il diritto della coppia a non essere soggetta a discriminazione basata sull'orientamento sessuale, ai sensi dell'articolo 8 della Convenzione.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata