Si tratta degli altri due dipendenti della Bonatti, Gino Pollicardo e Filippo Calcagno

Gli altri due ostaggi ancora sotto sequestro in Libia, Gino Pollicardo e Filippo Calcagno, potrebbero essere stati liberati. La Farnesina sta ora verificando la notizia anticipata dal quotidiano la Stampa. A renderlo noto è il ministero degli Esteri.

Ieri è arrivata la notizia della morte di Fausto Piano e Salvatore Failla, uccisi da militanti dell'Isis. "Relativamente alla diffusione di alcune immagini di vittime di sparatoria nella regione di Sabrata in Libia, apparentemente riconducibili a occidentali – è stato comunicato in una nota del ministero degli Esteri -, la Farnesina informa che da tali immagini e tuttora in assenza della disponibilità dei corpi, potrebbe trattarsi di due dei quattro italiani, dipendenti della società di costruzioni "Bonatti", rapiti nel luglio 2015 e precisamente di Fausto Piano e Salvatore Failla". La Farnesina ha già informato i familiari, sono in corso verifiche "rese difficili, come detto, dalla non disponibilità dei corpi". La procura di Roma aprirà un fascicolo sulla morte dei due connazionali; l'inchiesta sarebbe per omicidio a carico di ignoti. I magistrati italiani, come è prassi in questi casi, attendono notizie e materiale investigativo dalla Libia. Sulla vicenda il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni riferirà in aula alla Camera mercoledì 9 marzo alle 16.

Gli altri due ostaggi ancora sotto sequestro, Filippo Calcagno e Gino Pollicardo, sarebbero ancora vivi e la priorità degli 007 è salvarli, aveva affermato ieri il presidente del Copasir Giacomo Stucchi. Per farlo, ha sottolineato Stucchi, "serve osservare un rigoroso silenzio su tutta una serie di situazioni che sono molto delicate".

ESECUZIONE ISIS. I due italiani Fausto Piano e Salvatore Failla probabilmente sono stati uccisi da militanti dello Stato islamico prima dello scoppio degli scontri mercoledì a Sabratha. È quanto riferisce un portavoce delle forze di sicurezza di Sabratha, Sabri Kshada. "Secondo le nostre indagini i due italiani che sono stati rapiti in Libia l'anno scorso sono stati uccisi con esecuzioni da militanti dello Stato islamico prima che avessero luogo gli scontri", ha affermato. Le brigate libiche locali combattono contro i militanti a Sabratha dalla scorsa settimana, quando un centinaio di membri Isis avevano preso per breve tempo il controllo del centro della città e avevano decapitato oltre 10 membri di brigate.

I 4 DIPENDENTI RAPITI. Nei mesi scorsi la situzione dei quattro dipendenti della Bonatti pareva quasi verso la risoluzione. Se e come siano finiti nella mani dell'Isis è ancora oggetto di indagine. Chi sono i quattro? Salvatore Failla (una delle due vittime), siciliano, è originario di Carlentini, in provincia di Siracusa, dove vive la sua famiglia. Saldatore specializzato, 47 anni, è padre di due figlie di 22 e 12 anni. Lavora per l'azienda di Parma da diversi anni. Fausto Piano (l'altra vittima), meccanico di 60 anni, è di Capoterra, cittadina alle porte di Cagliari. Da molti anni lavora all'estero. Failla e Piano sarebbero le due vittime. Filippo Calcagno è di Piazza Armerina (Enna), ha 65 anni e ha girato il mondo come tecnico Eni prima di lavorare per la Bonatti. E' sposato e ha due figlie. Gino Pollicardo è ligure e vive a Monterosso, nelle Cinque Terre, in provincia di La Spezia.

SCUDI UMANI. I due italiani che si ritiene siano morti in Libia, Piano e Failla, sarebbero stati uccisi mentre venivano utilizzati come scudi umani da uomini del cosiddetto Stato islamico durante una sparatoria nella zona di Sorman, vicino Sabratha. È quanto riporta la stampa locale, aggiungendo che il sindaco di Sabratha avrebbe riferito che i due italiani sarebbero fra le 12 persone uccise nello scontro a fuoco scoppiato quando le forze di sicurezza hanno attaccato un covo dell'Isis ieri sera.

I MISTERI DEL RAPIMENTO.Tutto, per ora, è avvolto nel mistero e ancora oggetto di indagine. Quello che sappiamo con assoluta certezza che era il 20 luglio scorso quando quattro italiani, tecnici della Bonatto, vennero rapiti in Libia nei pressi del compound dell'Eni nella zona di Mellitah. Dall'inizio le ipotesi erano due: l'Isis, la cui forza è crescente in quest'area e i criminali 'comuni' che avrebbero agito a fine estorsivo. Immediatamente il governo di Tobruk disse di ignorare quale gruppo ci fosse dietro alla vicenda. Per Al Jazeera invece i "rapiti erano dalle milizie tribali filo Haftar", "ostili a quelle di 'Alba della Libia'" di Tripoli. I quattro italiani erano stati rapiti in una zona che è stata, per lungo tempo, teatro di scontri e che solo di recente si è calmata dopo la tregua sottoscritta dalle milizie tribali e da quelle di Alba della Libia. La Farnesina, già prima del rapimento, aveva invitato tutti i connazionali a lasciare il Paese evidenziando l'estrema difficoltà della Libia (nel febbraio 2015 era anche stata chiusa l'ambasciata a Tripoli).
 

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