Viene ritenuta responsabile di aver violato il diritto dell'imam a non subire tortura e trattamenti disumani

La Corte europea dei diritti umani condanna l'Italia per il caso di Abu Omar, in relazione alla operazione di 'extraordinary rendition' che lo riguardò. L'Italia viene ritenuta responsabile di aver violato il diritto dell'imam a non subire tortura e trattamenti disumani, alla libertà e sicurezza, al rispetto della vita familiare e privata, a una riparazione legale efficace. Lo si apprende da una nota del tribunale. In relazione alla detenzione illegale, si legge, "la Corte ha stabilito che le autorità italiane erano a conoscenza che il querelante fu vittima di una operazione di 'extraordinary rendition', iniziata con il rapimento in Italia e proseguita con il trasferimento all'estero".

 

Nel caso, prosegue, il tribunale ha ritenuto che "il legittimo principio di 'segreto di Stato' sia stato chiaramente applicato dal governo italiano per garantire che i responsabili non dovessero rispondere delle loro azioni. L'indagine e il processo non hanno portato a punizione dei responsabili, cui quindi nei fatti hanno goduto di impunità". Il tribunale ha deciso che "l'Italia debba pagare 70mila europo a Nasr (l'ex imam di Milano, Hassan Mustafa Osama Nasr, ndr) e 15mila euro alla signora Ghali (Nabila Ghali, moglie di Nasr, ndr)" come giusta soddisfazione.

 

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