Vienna (Austria), 27 ago. (LaPresse) – Sul vertice di Vienna sull’immigrazione, tra leader europei e balcanici, è scesa l’ombra di una nuova tragedia. Un camion è stato trovato abbandonato nell’est dell’Austria, vicino al confine ungherese, e la polizia vi ha trovato all’interno i corpi di decine di migranti, probabilmente morti soffocati. Mentre prosegue la caccia al conducente, i profughi morti si sommano agli oltre 50 recuperati ieri nella stiva di un’imbarcazione nel mar Mediterraneo e alle centinaia che oggi potrebbero aver perso la vita nell’affondamento di una nave al largo della Libia. Intanto l’Ungheria, che ha accusato l’Ue di “una vergognosa mancanza di aiuti”, ieri ha registrato un numero record di oltre 3.200 arrivi in un solo giorno, di cui 700 bambini (sono stati oltre 130mila nel 2015).
I partecipanti al summit di Vienna, tra cui i capi dei governi di Austria, Germania e Serbia, hanno osservato un minuto di silenzio per i morti nel camion in Austria. “Non possiamo continuare così, con un minuto di silenzio ogni volta che vediamo gente morire”, ha commentato l’alta rappresentante per la Politica estera dell’Unione europea, Federica Mogherini. Ancora non si sa quanti siano i migranti trovati senza vita nel camion, secondo la polizia tra 20 e 50, così come non se ne conosce la nazionalità. Budapest ha fatto sapere che la targa del mezzo è ungherese e che si sta cercando il titolare, un cittadino romeno. “Questo è un giorno buio”, sono necessari “tutta la forza” e “tolleranza zero” contro i trafficanti di esseri umani, che “devono sapere che non possono sentirsi al sicuro in Austria”, ha detto la ministra dell’Interno Johanna Mikl.
La cancelliera tedesca, Angela Merkel, si è definita “scioccata” dalla notizia, definendola “un ammonimento al’Europa”, mentre il premier Matteo Renzi ha parlato di “una morte assudra, che sconvolge la coscienza di ognuno di noi e che sottolinea (…) l’urgenza del tema dell’immigrazione in una Europa dove tornano ad erigersi muri”. Primo tra tutti, il muro che l’Ungheria sta costruendo al confine con la Serbia e che vorrebbe terminare entro agosto. Lungo 175 chilometri, dovrebbe impedire il passaggio dei profughi e sarà probabilmente presto presidiato da unità speciali della polizia ed esercito.
Un tragico e macabro punto di partenza per il vertice, che ha visto i Paesi balcanici ed europei accusarsi a vicenda delle responsabilità nei confronti delle migliaia di migranti che stanno tentando con mezzi disperati di entrare nell’Unione europea, molti scappando dai conflitti in Siria e Afghanistan. Non solo attraverso il mar Mediterraneo, ma sempre più risalendo i Balcani. La giornata ha più che altro sottolineato le divergenze, concludendosi senza misure concrete. Da una parte i Paesi di transito, come Macedonia, Serbia e Ungheria, dall’altra quelli di destinazione, come Germania, Austria, Svezia.
“Abbiamo un obbligo morale e legale di proteggere i rifugiati”, ha detto Mogherini, facendo appello per un “approccio europeo”. Mentre il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha puntato il dito contro gli stessi Stati membri: la Commissione ha approvato l’Agenda per la redistribuzione dei profughi tramite quote, ha detto, ma i Paesi l’hanno fatta naufragare.
Anche Merkel ha fatto appello a “uno spirito europeo” e “di solidarietà”, sottolineando che la normativa europea sull’asilo “non funziona”. C’è bisogno, ha detto, di “una risposta comune per tutta l’Europa”, in cui “sarà trovato un modo per distribuire il peso e le sfide in maniera equa”. Quest’ultima dichiarazione è stata ribadita anche dal cancelliere austriaco, Werner Faymann. Quest’anno la Germania prevede l’arrivo di 800mila persone, quattro volte più dell’anno scorso.
Macedonia e Serbia al summit hanno chiesto più aiuti per gestire la crisi, mentre sono alle prese con i flussi di persone che dalla Grecia risalgono i Balcani nella speranza di raggiungere il cuore dell’Europa. Il ministro degli Esteri serbo, Ivica Dacic, ha accusato l’Ue di non avere un piano e di aver destabilizzato il Medioriente facendone poi “pagare agli altri il prezzo”. L’omologo macedone, Nikola Poposki, ha sottolineato che servono più aiuti e una azione comune, senza la quale non si dovrà illudersi di trovare una soluzione. La Serbia è alle prese con circa 3mila arrivi al giorno dalla Grecia.
I leader europei hanno anche risposto con una cifra: “Nelle aree vicine all’Europa ci sono 20 milioni di rifugiati, dieci milioni siriani, cinque palestinesi, due ucraini, e altri”, numero senza paragone dalla Seconda guerra mondiale, ha detto il commissario all’Allargamento, Johannes Hahn.
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