Dal nostro inviato Fabio De Ponte
Riga (Lettonia), 22 mag. (LaPresse) – Una intesa faticosa è stata raggiunta a Riga, al vertice europeo sul partenariato orientale. Sul tavolo il rapporto con la Russia, la questione dei visti alle frontiere, i sostegni economici, le speranze per un nuovo processo di allargamento. A margine anche il tema del debito greco, per discutere del quale si sono ritrovati ancora una volta intorno a un tavolo la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente Francese Francois Hollande e il premier greco Alexis Tsipras. Un incontro notturno durato oltre due ore, concluso di nuovo con un nulla di fatto. Berlino e Parigi hanno sottolineato l’importanza di raggiungere una intesa – che però non si è raggiunta – mentre Atene ha parlato di “clima costruttivo” e di “progressi”, senza specificare quali. Tsipras ha visto poi anche il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, e anche questo faccia a faccia, spiegano da Atene, è avvenuto in una “atmosfera positiva” ma senza novità di rilievo.
I SEI PAESI DEL PARTENARIATO. Venendo al vertice vero e proprio, il summit è stato l’occasione per fare il tagliando al partenariato orientale, un insieme di accordi di cooperazione che riguarda sei Paesi: Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Repubblica di Moldova e Ucraina. E’ con questi ultimi tre, già entrati in un’area di libero scambio, c’è c’è il rapporto più stretto.
NESSUN ALLARGAMENTO. Non abbastanza però da ipotizzare veri e propri ingressi futuri nel club di Bruxelles. E così nel documento conclusivo del vertice è finita questa frase: “I partecipanti al summit riconoscono le aspirazioni europee e la scelta europea dei partner”. Diverse spinte c’erano state perché ci fosse una esplicita indicazione di prospettive di inclusione. A più riprese però diversi Stati membri avevano messo in chiaro che le prospettive di questo partenariato non sono quelle dell’allargamento. Lo aveva detto subito la cancelliera tedesca Angela Merkel, lo avevano ribadito fonti del Consiglio Ue e lo ha ripetuto al termine del vertice anche il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni. E così nel testo non solo non compare la parola “allargamento” ma neanche si cita una generica “prospettiva europea”. L’Ue si limita a “riconoscere” le loro aspirazioni verso l’Europa, e a ricordare che “la democrazia, il rispetto dei diritti umani e il rispetto della legge sono alla base” del partenariato.
LA QUESTIONE VISTI. Altra vicenda su talvolo è stata quella dei visti: al momento solo la Moldova ha in piedi un accordo con l’Ue che consente ai suoi cittadini di entrare nel territorio dell’Unione senza dover chiedere uno specifico permesso. Georgia ed Ucraina hanno fatto la stessa richiesta e spingono perché il processo sia accelerato. Ma non se ne parla – hanno risposto gli Stati membri – prima dell’anno prossimo. E hanno indicato il percorso con una formula in pieno stile Ue, in burocratese stretto: “L’Ue accoglie con favore – hanno scritto nel documento – i progressi compiuti da Georgia e Ucraina nell’implementazione dei rispettivi piani di azione per la liberalizzazione dei visti”, e attende che si passi alla seconda fase di questi piani, in modo che “la Commissione possa proporre al Parlamento di esentare i cittadini georgiani e ucraini dalla necessità del visto”. “Ci vuole un’altra valutazione della Commissione a fine anno”, ha tagliato corto la presidente di turno, la lettone Laimdota Straujuma, sintetizzando la questione.
I RAPPORTI CON LA RUSSIA. A tenere banco poi anche la questione dei rapporti con la Russia: nel testo finale è rimasta la citazione contestata dall’Azerbaigian e dalla Bielorussia, perché considerata aggressiva verso Mosca, della “illegale annessione della Crimea”. In realtà il problema della formulazione è stato risolto quasi subito, ha spiegato il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk. “Avevamo previsto questo problema – ha detto -. Oggi in effetti non abbiamo discusso sulla dichiarazione, sul testo della quale avevamo già l’approvazione di Azerbaigian e Bielorussia. La discussione – ha continuato – è stata sugli strumenti e l’approccio, che devono riflettere le differenze. L’Azerbaigian è pronto a continuare la cooperazione con l’Ue, pur sottolineando le differenze. Sono certo che quello di cui l’Azerbaigian ha bisogno sono migliori relazioni con l’Ue”.
I RAPPORTI CON L’AZERBAIGIAN. Tradotto, Baku ha bisogno di accordi commerciali con l’Ue ma anche di mantenere buone relazioni con la Russia e non si può permettere formulazioni tranchant che irritino il potente vicino. Anche perché ha un fronte interno aperto con la regione del Nagorno Karabakh, e teme che Mosca lo potrebbe sfruttare come un Donbass azero destabilizzando il Paese. D’altra parte l’Ue ha bisogno del gas proveniente dal giacimento offshore azerbaigiano del Mar Caspio, per trasportare il quale ha messo in piedi il progetto Tap (gasdotto trans-adriatico) che dalla frontiera greco-turca attraverserà Grecia e Albania per approdare in Italia. Insomma bisogna trovare il modo di restare insieme ma senza pestarsi i piedi a vicenda.
PRESTITI PER DUE MILIARDI. Spente le luci del vertice, sul terreno restano soprattutto le intese economiche. Oggi è stato siglato l’accordo per un prestito da 1,8 miliardi di euro all’Ucraina. Mentre altri duecento milioni saranno stanziati per prestiti alle piccole e medie imprese di Georgia, Moldova e Ucraina. Risorse che dovrebbero costituire una leva per rilanciare gli investimenti nei tre Paesi. E’ un partenariato che costa molto, in termini economici, questo a Bruxelles. Dal 2009, anno del primo vertice europeo del partenariato orientale, a oggi, l’Ue ha messo in campo 3,2 miliardi di euro per i sei Paesi partner. Un investimento nella stabilità e nella governabilità dei suoi confini est.
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