Roma, 27 gen. (LaPresse) – Un Piano Marshall per i Paesi africani messi in ginocchio dall’epidemia di Ebola e una urgente conferenza internazionale per coordinare gli aiuti. È l’appello lanciato oggi da Oxfam, secondo cui la comunità internazionale non può più rinviare, come successo durante l’emergenza, un aiuto diretto a far ripartire le economie di Liberia, Sierra Leone e Guinea. Oxfam ricorda che in Africa occidentale l’occupazione crolla mentre schizza in alto il prezzo dei beni alimentari: 180mila nuovi disoccupati in Sierra Leone, metà dei capofamiglia senza lavoro in Liberia dove il prezzo del riso è aumentato del 40%. “Sono passati attraverso l’inferno: adesso non possiamo abbandonarli”, ha detto il direttore di Oxfam Italia, Roberto Barbieri.

“La popolazione ha bisogno di aiuti economici, e ne ha bisogno ora”, spiega Barbieri, sottolineando che “la gente ha bisogno di lavoro per mantenere le famiglie e di altri servizi essenziali come sanità e istruzione”. Per Oxfam è prioritario garantire aiuti immediati a milioni di famiglie colpite dalla crisi e investimenti in grado di risollevare l’occupazione, garantendo in parallelo il funzionamento delle strutture sanitarie e l’erogazione di beni e servizi essenziali come salute, istruzione e acqua potabile. L’organizzazione finora ha già aiutato 650mila persone in Sierra Leone, 445mila in Liberia e 33mila in Mali, oltre che 15mila con attività di prevenzione in Guinea Bissau, Gambia e Senegal. Inoltre sta progettando di incrementare il suo lavoro per aiutare la ripresa delle comunità colpite dall’epidemia, puntando soprattutto sulla fornitura di aiuti economici alle famiglie più vulnerabili e risanando le infrastrutture idriche e igienico-sanitarie.

“La comunità internazionale non se ne può andare abbandonando la popolazione proprio ora che, fortunatamente, la mortalità della malattia sta diminuendo”, afferma il responsabile emergenze umanitarie di Oxfam Italia, Riccardo Sansone. “Non riuscire a sostenere questi Paesi, dopo che sono riusciti a superare la crisi scatenata dall’epidemia, significherebbe condannarli a un doppio disastro. Il mondo è intervenuto in ritardo per fronteggiare l’epidemia: adesso non ci sono scuse per non supportare la ripresa economica e di una normale vita quotidiana”, prosegue.

La popolazione nella zone colpite dall’epidemia sta facendo di tutto per riuscire a sopravvivere, nonostante il drammatico crollo dei salari. Una ricerca di Oxfam condotta in tre regioni della Liberia ha rilevato che il 73% delle famiglie ha subito una contrazione dei propri redditi, con una perdita media del 39%. E la caduta verticale dei redditi ha come prima conseguenza l’impossibilità di acquistare cibo: secondo quanto rilevato da Oxfam, nell’ultima settimana il 60% della popolazione non ha avuto cibo a sufficienza; una persona su quattro ha affermato che ciò è dovuto al calo degli stipendi, mentre uno su cinque ha affermato che i prezzi dei generi alimentari sono troppo elevati.

Secondo i dati della Banca Mondiale, dallo scoppio dell’emergenza Ebola in Sierra Leone quasi 180mila persone hanno perso il lavoro e in Liberia la metà dei capofamiglia è disoccupata. Sempre in Liberia, aggiunge la Banca Mondiale, le conseguenze maggiori sono ricadute sulle donne, che hanno perso il lavoro più dei colleghi uomini. Il crollo dei redditi è esacerbato inoltre dalla crescita dei prezzi dei generi alimentari. In Liberia il prezzo del riso è aumentato del 40% rispetto alla media stagionale.

A complicare il quadro si aggiunge il fatto che i tassi di povertà nei Paesi colpiti dall’Ebola erano già molto elevati prima dello scoppio dell’epidemia. In Sierra Leone il 56% della popolazione viveva sotto la soglia di povertà, mentre in Liberia e in Guinea rispettivamente il 64% e il 40%. Prima dello scoppio dell’epidemia, Liberia e Sierra Leone avevano due dei più alti tassi di crescita economica di tutta l’Africa, con percentuali oltre il 5% in Liberia e una previsione di crescita dell’11,3% in Sierra Leone. Entrambi i Paesi stavano uscendo da una grave crisi economica dovuta ad anni di guerra devastanti. Anche in Guinea, prima dell’Ebola, il tasso di crescita previsto per il 2014 era pari al 4,5%.

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