Bhopal (India), 3 dic. (LaPresse/AP) – Trent’anni fa si consumava la tragedia di Bhopal. Era infatti il 3 dicembre 1984 quando dalla fabbrica di pesticidi gestita dalla multinazionale Unione Carbide nella città indiana fuoriuscirono circa 40 tonnellate di isocianato di metile, che uccisero rapidamente circa quattromila persone. Gli effetti dell’incidente provocarono però molte più vittime, almeno 15mila secondo stime del governo. Oggi l’India ricorda quello che è stato il peggiore disastro industriale del mondo, chiedendo giustizia e un’equa punizione nei confronti dei responsabili. In tutto, sono circa 500mila le persone che hanno subito gli effetti della tragedia. Secondo gli attivisti, migliaia di bambini sono nati con problemi cerebrali e fisici, in seguito all’esposizione dei propri genitori all’aria o all’acqua contaminate.
Il disastro rimane una ferita aperta per l’India, dove molti considerano un insulto l’accordo di transazione tra il governo e la Union Carbide, siglato nel 1989 per 470 milioni di dollari. Ram Pyari, una delle vittime di Bhopal, spiega che quell’episodio ha rovinato la sua vita. “Tutto è stato dsitrutto”, ha detto questa mattina nel corso di una veglia a ricordo delle vittime. “I miei figli e mia nuora sono morti, la mia gamba è stata amputata. Mi devo trascinare. Questi assassini non hanno dato retta a nessuno. Perché non sono stati portati in tribunale? Perché non sono stati impiccati?”, aggiunge. Attualmente la Union Carbide è una sussidiaria di proprietà della Dow Chemical Co. Quest’ultima sostiene di non avere responsabilità di quanto accaduto perché ha acquistato l’azienda oltre un decennio dopo la firma dell’accordo di transazione.
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