Taipei (Taiwan), 29 nov. (LaPresse/AP) – Si vota per le elezioni locali oggi a Taiwan. Le urne chiuderanno alle 9 ora italiana e i risultati sono attesi dopo mezzogiorno. I residenti dell’isola, che conta circa 23 milioni di abitanti, eleggeranno rappresentanti per 11.130 incarichi locali, compresi i sindaci di grandi città come la capitale Taipei. Si tratta di un test elettorale in vista delle presidenziali del 2016: se il Partito nazionalista al governo ottenesse risultati scarsi sarebbe più facile per il rivale Partito democratico progressista vincere le presidenziali. Il primo, negli anni al potere, ha tentato di instaurare buone relazioni con la Cina; il secondo invece è contrario ai rapporti con Pechino e dunque una sua vittoria nelle elezioni del 2016 potrebbe portare a una rottura dei negoziati con la Cina su accordi per commercio e investimenti.

Pechino rivendica la sovranità di Taiwan fin dalla guerra civile cinese degli anni ’40 e ha mantenuto relazioni gelide con l’isola fino al 2008, quando è salito alla presidenza Ma Ying-jeou del Partito nazionalista. Lui ha messo da parte la questione della sovranità per allentare la tensione e ha agganciato Taiwan alla massiccia economia cinese. Il Partito progressista democratico mette invece in dubbio gli accordi con la Cina, sostenendo che lo farà finché la leadership comunista vorrà la riunificazione con Taiwan. La causa del Partito progressista democratico a marzo scorso ha ricevuto il supporto di manifestazioni di piazza, quando migliaia di dimostranti guidati dagli studenti, cioè il cosiddetto Movimento dei girasoli, hanno occupato il Parlamento e le strade vicine a Taipei per chiedere lo stop della ratifica di un accordo di liberalizzazione del commercio.

Nel periodo precedente alla presidenza di Ma Ying-jeou, l’allora presidente Chen Shui-bian del Partito progressista democratico, che restò in carica dal 2000 al 2008, fece irritare la Cina promuovendo l’indipendenza costituzionale per Taiwan. Pechino minacciò che, se necessario, avrebbe usato la forza. Da allora il partito ha allentato la sua posizione, ma resta più cauto dei nazionalisti sulle relazioni con la Cina.

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