Baghdad (Iraq), 15 giu. (LaPresse/AP) – L’Iraq prova ad arginare l’avanzata dei militanti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil) verso la capitale Baghdad. Dopo una serie di conquiste di città chiave da parte del gruppo sunnita ispiratosi ad al-Qaeda, cominciate con la presa di Mossul martedì scorso, l’esercito iracheno ha fatto sapere adesso di avere ‘ripreso l’iniziativa’ nel nord e nel nordest del Paese riconquistando alcune città. Nelle mani dell’Isil restano però i grandi centri di Mossul e Tikrit, città natale di Saddam Hussein. A livello internazionale la crisi irachena suscita preoccupazione: Barack Obama ha annunciato che non invierà soldati sul campo e sta valutando diverse opzioni, ma intanto ieri il capo del Pentagono ha ordinato di spostare nel Golfo Persico la portaerei George H.W. Bush, con missili Tomahawk e jet da combattimento, in modo da garantire flessibilità nel caso in cui il presidente Usa dovesse richiedere un’azione militare. Intanto l’Isil ha pubblicato su un sito militante delle foto che mostrano un’esecuzione di massa di decine di soldati iracheni catturati nella provincia di Salahuddin, il cui capoluogo è Tikrit.

COS’È L’ISIL, LA SUA ATTIVITA’ IN IRAQ E SIRIA. Lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante è un gruppo sunnita separatosi da al-Qaeda, attivo sia in Iraq che in Siria. I due Paesi sono confinanti e le recenti conquiste dell’Isil in Iraq sono da guardare parallelamente all’avanzata anche in Siria. In Iraq il gruppo combatte contro il governo centrale, guidato dal primo ministro sciita Nouri al-Maliki, e ha raccolto il sostegno di parte della comunità sunnita del Paese, che da tempo denuncia di essere discriminata dalle politiche dell’esecutivo, che definisce settarie. In Siria invece l’Isil combatte da una parte contro il regime del presidente siriano Bashar Assad, di famiglia alawita che è una setta derivata dallo sciismo, e dall’altra anche contro altri gruppi di ribelli fra cui il Fronte Nusra. E nelle ultime settimane ci sono stati pesanti scontri proprio tra fazioni rivali dei ribelli nel nordest della Siria, vicino al confine con l’Iraq, sottraendo il controllo di città e villaggi al Fronte Nusra e ad altri gruppi di ribelli islamici.

L’AVANZATA DELL’ISIL IN IRAQ. L’avanzata dell’Isil in Iraq è cominciata martedì, quando il gruppo ha preso il controllo di Mossul, cioè la seconda città più grande del Paese. Da allora una serie di città sono cadute nelle sue mani: mercoledì Tikrit, venerdì Jalula e Sadiyah, in una provincia etnicamente mista a nordest di Baghdad, e poi altri centri più piccoli. L’Isil, che ha promesso di applicare la sharia, ha inoltre annunciato giovedì di volere marciare sulla capitale Baghdad e questa avanzata pare sia stata appunto arginata nelle ultime ore. Resta inoltre ancora da risolvere la vicenda degli oltre 40 ostaggi presi mercoledì dall’Isil nel consolato della Turchia a Mossul, fra cui il console stesso.

LE ESECUZIONI DI MASSA. Lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante ha pubblicato su un sito militante delle foto che mostrano un’esecuzione di massa di decine di soldati iracheni catturati nella provincia di Salahuddin, il cui capoluogo è Tikrit. Le immagini non contengono alcuna indicazione geografica e a rivelare dove siano state scattate è il portavoce dell’esercito iracheno, il tenente generale Qassim al-Moussawi, che ha confermato oggi l’autenticità delle foto e si è detto consapevole di casi di omicidi di massa di militari catturati nelle zone controllate dall’Isil. La serie di foto mostra i militanti mascherati dell’Isil che caricano i prigionieri su alcuni furgoni e poi li costringono a mettersi con il volto a terra in un canale poco profondo con le braccia legate dietro la schiena; infine nell’ultimo scatto si vedono i corpi dei prigionieri che grondano di sangue dopo essere stati raggiunti dagli spari.

Venerdì il gruppo aveva rivendicato di avere ucciso 1.700 soldati; la notizia non è confermata ma lo stesso giorno l’Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Navi Pillay, ha espresso ‘allarme estremo’ per le notizie di crimini di guerra in Iraq, parlando di ‘omicidi di tutti i tipi’ e fornendo una prima stima di centinaia di civili uccisi e di esecuzioni di massa di soldati iracheni e civili a Mossul da parte dei militanti.

500MILA IN FUGA DA MOSSUL. Il giorno dopo la presa di Mossul da parte dei militanti l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha riferito di 500mila persone in fuga dalla città. Mossul, con oltre 1,5 milioni di residenti, è la capitale della provincia di Ninevah, che insieme alla vicina provincia a maggioranza sunnita di Anbar condivide il confine con la Siria. Oggi alcuni giornalisti sul posto riferiscono che molti residenti stanno rientrando a Mossul e che alcuni, sunniti, accolgono i combattenti dell’Isil come dei liberatori. Nonostante abbiano promesso di applicare la sharia e i militanti dell’Isil professino la decapitazione dei rivali e la necessità di tagliare le dita ai ladri e imprigionare gli attivisti, i jihadisti al momento si stanno astenendo dall’imposizione di misuri impopolari, probabilmente per mantenere almeno all’inizio dalla loro parte altri gruppi sunniti. Con una mossa che ha immediatamente innalzato il loro livello di popolarità hanno svuotato le prigioni della città; i cittadini avevano denunciato nei mesi scorsi aggressioni e arresti iniqui di sunniti da parte delle forze sciite. Inoltre i militanti hanno abbassato in modo consistente i prezzi delle bombole del gas, che sono passati da 6,85 dollari a 3,40 dollari.

LA SPACCATURA SUNNITI-SCIITI E I LEALISTI DI SADDAM. L’avanzata dell’Isil ha ulteriormente accentuato la spaccatura fra sunniti e sciiti all’interno del Paese: allo Stato islamico dell’Iraq e del Levante, gruppo sunnita, si stanno unendo lealisti dell’era di Saddam Hussein e altri sunniti; dall’altra parte a sostenere gli sforzi dell’esercito iracheno si stanno unendo milizie sciite e centinaia di giovani volontari, che hanno risposto all’appello dell’ayatollah Ali al-Sistani, il religioso sciita più rispettato del Paese. In particolare pare che all’Isil si sia aggiunta anche una forza guidata da Izzat Ibrahim al-Douri, nota come esercito Naqshaband. Al-Douri era vice presidente dell’Iraq sotto Saddam Hussein ed era fra i personaggi inseriti nel famoso ‘mazzo di carte’ dei principali ricercati del governo di Saddam ideato dagli Stati Uniti prima dell’invasione dell’Iraq del 2003. Allora al-Douri sfuggì alle forze Usa e, nel giorno della conquista di Tikrit dall’Isil, poster che ritraevano lui e Saddam sono stati issati in città. Ieri il governo iracheno ha diffuso la notizia, non confermata, che il figlio di Izzat Ibrahim al-Douri, Ahmed al-Douri, sia stato ucciso a Tikrit in un raid aereo condotto dall’aviazione irachena.

I CURDI PRENDONO KIRKUK. Alla situazione già complessa si aggiunge un altro attore sul terreno, cioè i curdi dell’Iraq. I peshmerga, cioè i soldati curdi, si sono schierati contro i jihadisti, ma parallelamente stanno approfittando della situazione per prendere il controllo di territori che rivendicano da tempo. Venerdì, in circa un’ora e mezza, hanno infatti posto fine a una disputa decennale con il governo di Baghdad prendendo il controllo del polo petrolifero di Kirkuk, nel nord dell’Iraq, che da tempo chiedevano di aggiungere alla regione semiautonoma del Kurdistan iracheno. I combattenti curdi hanno mandato via le truppe irachene intimando loro di consegnare le armi e dicendo che avrebbero pensato loro a difendere la città dall’Isil. Le rapide vittorie dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante sul terreno costituiscono la più grande minaccia alla stabilità dell’Iraq dal ritiro dei militari Usa nel 2011 e l’evolversi della situazione potrebbe portare a una spaccatura del Paese fra le zone sunnite, sciite e curde.

LE REAZIONI DI IRAN E USA. La comunità internazionale guarda preoccupata a quanto sta succedendo in Iraq. L’Iran, Paese sciita confinante a est dell’Iraq, ha fatto sapere tramite il suo presidente Hassan Rohani di essere pronto ad aiutare l’Iraq qualora gli verrà richiesto e a ‘fornire assistenza entro il diritto internazionale’. Teheran ha costruito stretti legami politici ed economici con l’Iraq e molti influenti sciiti iracheni, fra cui lo stesso premier al-Maliki, hanno trascorso dei periodi nella Repubblica islamica. Questa settimana l’Iran ha fermato i voli per Baghdad per motivi di sicurezza e ha annunciato di avere intensificato le misure di sicurezza lungo il confine. Gli Usa dal canto loro, che solo l’anno scorso ha ritirato il proprio contingente militare dall’Iraq dopo una guerra decennale, mentre Obama prende tempo per valutare come intervenire sta spostando la portaerei George H.W. Bush dal mare Arabico al Golfo Persico, che sarà accompagnata dall’incrociatore USS Philippine Sea e dal cacciatorpediniere USS Truxtun.

TELEFONATA KERRY-ZEBARI. E nella notte il segretario di Stato americano, John Kerry, ha avuto un colloquio telefonico con il ministro degli Esteri dell’Iraq, Hoshyar Zebari, al quale ha detto che l’assistenza degli Stati Uniti ‘avrà successo solo se i leader iracheni vorranno mettere da parte le differenze e applicare un approccio coordinato ed efficace per forgiare l’unità nazionale necessaria a mandare avanti il Paese e ad affrontare la minaccia dell’Isil’.

BLAIR: NOI NON SIAMO RESPONSABILI DELLA CRISI. In un’intervista rilasciata oggi alla Bbc, l’ex premier britannico Tony Blair tira in ballo esplicitamente la guerra in Iraq, affermando però che ‘la responsabilità della violenta insurrezione che sta stringendo l’Iraq non va attribuita all’invasione del Paese nel 2003’. Commentando inoltre la situazione con un intervento sul suo sito, Blair dice che le attuali violenze in Iraq sono ‘l’effetto prevedibile e malefico’ della mancata azione in Siria.’Dobbiamo liberarci dalla nozione che ‘noi’ abbiamo causato questo, non è così’, scrive, sottolineando che la conquista di Mossul da parte degli insorti sunniti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante è stata pianificata al di là del confine, in Siria.

MOGHERINI: RISCHIO DI HUB TERRORISMO NELLA REGIONE. Ieri anche la ministra degli Esteri italiana, Federica Mogherini, ha espresso la propria preoccupazione. Con l’avanzata dei jihadisti in Iraq ‘il rischio è che si venga a creare un vero e proprio hub del terrorismo proprio in quella zona’, ha detto intervenendo al Consiglio per le relazioni fra Italia e Usa a Venezia. ‘Se l’Iran e l’Arabia Saudita cominceranno a parlarsi allora si potrà fare qualcosa per risolvere la situazione della regione. So che non è facile, ma dobbiamo lavorare al cambiamento in tutto il Medioriente’, ha aggiunto Mogherini.

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