Jindo (Corea del Sud), 24 apr. (LaPresse/AP) – Momenti di tensione sull’isola di Jindo, in Corea del Sud, dove si trovano i parenti delle oltre 130 persone ancora disperse nel naufragio del traghetto Sewol, ribaltatosi e affondato il 16 aprile. I familiari dei dispersi hanno circondato il ministro degli Oceani e dell’Industria ittica Lee Ju-young, il capo della guardia costiera Kim Seok-kyun e il suo vice Choi Sang-hwan, impedendo loro di lasciare l’area e accusandoli di mentire sulle operazioni di soccorso. Alcuni dei parenti hanno urlato contro i tre e hanno chiesto a gran voce di far proseguire le ricerche dei dispersi anche di notte, mentre altri hanno chiesto per quale motivo a centinaia di sommozzatori civili che si sono offerti di partecipare alle ricerche sia stato negato di unirsi ai sub della marina e della guardia costiera, al lavoro intorno al relitto. Le polemiche montano anche a livello politico, mentre il bilancio dei morti sale ancora ed è ora a quota 175: un esponente dell’opposizione afferma infatti di essere in possesso di un documento che dimostra che il traghetto trasportava un carico superiore a quello che avrebbe potuto.
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