Istanbul (Turchia), 30 mar. (LaPresse/AP) – Si sono chiusi i seggi nelle elezioni amministrative in Turchia, considerate un test per il premier Recep Tayyip Erdogan. Oltre 50 milioni di cittadini di 81 province sono stati chiamati alle urne per rinnovare sindaci e amministrazioni locali. I seggi hanno aperto dalle 7 alle 16 nella zona orientale della Turchia e dalle 8 alle 17 nelle province occidentali. Tuttavia, visto che dopo la chiusura c’erano ancora file di persone in attesa ai seggi, a questi ultimi è stato consentito di votare. Visti gli eventi che si sono susseguiti negli ultimi mesi, dagli scandali di corruzione alle proteste di Gezi Park al tentativo di bloccare Twitter e Youtube, il voto è una verifica per Erdogan. Occhi puntati soprattutto su Istanbul e Ankara, roccaforti del consenso al partito del premier Akp, e in cui non a caso il principale partito dell’opposizione Chp ha presentato dei candidati a sindaco con ampio appeal per provare a soffiare la poltrona ai primi cittadini uscenti. Nonostante il calo di consensi per Akp, tuttavia, secondo quanto emerge dai sondaggi il partito di Erdogan riuscirà ad avere la meglio in molte parti del Paese. Il punto è capire in che misura, perché da questo potrebbe dipendere anche la scelta di Erdogan di candidarsi alle presidenziali di agosto.

SCANDALO CORRUZIONE E BLOCCO DI TWITTER E YOUTUBE. Recep Tayyip Erdogan è stato coinvolto in uno scandalo corruzione in cui ha sempre respinto ogni accusa e che è costato la poltrona di quattro ministri, ha destato scalpore in patria e all’estero tentando di spegnere Twitter e YouTube, si è inimicato ex alleati con retorica e teorie di cospirazioni, mentre la Lira precipitava e i tassi salivano, portando sempre più difficoltà all’econonia nazionale. A legare lo scandalo corruzione e la stretta sui social network è il fatto che il tentativo di bloccare i siti è scaturito dalla pubblicazione in rete di alcune intercettazioni che mostrerebbero l’implicazione dello stesso Erdogan in atti di corruzione. È con queste premesse che il primo ministro turco si affaccia alle elezioni amministrative di oggi. Nonostante ciò, tuttavia, bisogna considerare che Erdogan oltre ai recenti problemi è stato anche il premier che ha presieduto alla stupefacente ascesa economica della Turchia e resta in ogni caso al centro della scena politica. La sua immagine è ovunque: sui cartelloni nelle strade e in televisione, nelle manifestazioni di campagna elettorale pressoché quotidiane. Le centinaia di migliaia di persone che ogni volta accorrono ai comizi sono il segnale che dopo quasi 11 anni al potere resta una figura forte della politica turca.

TEST PER ERDOGAN IN VISTA DI PRESIDENZIALI E POLITICHE. Quello di oggi è un test per Erdogan soprattutto in vista delle presidenziali di agosto e delle politiche in programma per l’anno prossimo. Il pugno duro che il premier ha adottato da quando è stato rieletto a giugno del 2011 con il 50% circa dei voti gli è costato l’appoggio del Partito curdo, del quale ha però bisogno se intende approvare modifiche alla Costituzione. Erdogan ha nutrito la speranza di cambiare la Costituzione per rafforzare il ruolo del presidente, ora prevalentemente cerimoniale, in modo da assumere quell’incarico e guidare la Turchia. Per legge non può infatti candidarsi per un quarto mandato da premier. Dunque dalla percentuale che il suo partito otterrà oggi alle urne potrebbe dipendere la sua candidatura alle elezioni presidenziali, le prime a suffragio universale diretto mentre prima il presidente veniva scelto dal Parlamento: i risultati di oggi potrebbero chiarire se in caso di candidatura Erdogan potrebbe riuscire a ottenere il 50% richiesto per la presidenza. Lo stesso Erdogan ha però segnalato che potrebbe scegliere un’altra opzione: cambiare i limiti di mandato e correre per un quarto incarico da primo ministro. Le elezioni politiche sono in programma per l’anno prossimo, ma se si intravedesse un vantaggio il governo potrebbe anche anticiparle e farle coincidere con le presidenziali.

ATTESA VITTORIA AKP, SFIDE CHIAVE A ISTANBUL E ANKARA. Stando ai sondaggi è atteso che il partito di Erdogan abbia la meglio sull’opposizione. L’Akp ha però provato ad abbassare le aspettative ponendosi come obiettivo il 39% ottenuto nelle elezioni locali del 2009. Le sfide nel mirino sono quelle per la poltrona di sindaco di Ankara e Istanbul, da cui si potrebbe evincere un’eventuale erosione della base elettorale di Erdogan.

PER ERDOGAN SOLIDO APPOGGIO CLASSE MEDIA MUSULMANA. A giocare a favore del consenso a Erdogan ci sono un’opposizione sfaldata e l’appoggio solido della classe media musulmana, che sembra disposta a sostenerlo in qualunque caso. Il primo ministro resta amato dai musulmani più devoti, che apprezzano la sua fermezza sull’islam. Chi lo appoggia è convinto della sua versione dei fatti sulle intercettazioni che mostrerebbero il suo coinvolgimento nello scandalo corruzione: per Erdogan si tratta di un complotto organizzato dai seguaci del religioso Fethullah Gulen, un tempo suo alleato e ora suo rivale, che risiede negli Stati Uniti. Nel quartiere di Istanbul in cui Erdogan è cresciuto, quello di Kasimpasa, è facile trovare cospirazionisti. Tuttavia, mentre fino a qualche tempo fa era impossibile rintracciare nella zona suoi oppositori, in questi giorni c’è chi comincia a dubitare.

A VANTAGGIO ERDOGAN GIOCA OPPOSIZIONE SFALDATA. A vantaggio di Erdogan gioca anche un’opposizione sfaldata in tanti partiti. Fino a poco tempo fa l’Akp ha coltivato un’immagine di sé come partito pragmatico che aveva sostenuto il boom economico. Poi sono arrivati gli scandali e la dura repressione delle proteste di Gezi Park cominciate a maggio 2013. A riaccendere la memoria delle vittime di Gezi Park, fra l’altro, è stata l’11 marzo scorso la morte del 15enne Berkin Elvan, deceduto dopo nove mesi di coma in cui era entrato dopo essere stato colpito alla testa da un candelotto di lacrimogeni lanciato dalla polizia durante un corteo a Istanbul. Ai funerali hanno partecipato migliaia di persone e vicino piazza Taksim si sono di nuovo verificati scontri con la polizia. “C’è un calo di consensi per l’Akp ma non al livello che normalmente ci si aspetterebbe. In circostanze normali sarebbero stati asfaltati”, spiega Ali Tekin, analista politico ed ex docente di scienze politiche. Ma poi aggiunge: “Chi vorrebbe lasciare l’Akp non riesce a trovare un partito di centro-destra alternativo in cui andare”.

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