Istanbul (Turchia), 27 mar. (LaPresse/AP) – Dopo il blocco di Twitter, in Turchia il governo blocca anche l’accesso a YouTube. Il divieto è stato ordinato dall’authority per le telecomunicazioni alcune ore dopo che sul sito web di condivisione di video sono filtrate le registrazioni di un meeting chiave della sicurezza. Si trattava di un incontro al quale partecipavano il ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu, il capo dell’intelligence e altri due alti funzionari della Difesa e degli Esteri, e in cui veniva discussa la possibilità di un intervento militare turco in Siria.

LO STOP A YOUTUBE A TRE GIORNI DALLE ELEZIONI. La notizia è stata prima diffusa dai media di Stato e in serata confermata dal ministro turco della Tecnologia, Fikri Isik, il quale ha definito la decisione una “precauzione” a seguito della pubblicazione dell’audio. Tuttavia, nonostante l’azione del governo, il sito risulta ancora in gran parte accessibile. Il blocco di YouTube giunge a tre giorni dalle elezioni amministrative che si terranno domenica, il 30 marzo, e sono ampiamente considerate un test politico per il premier Recep Tayyp Erdogan. Lui, dal canto suo, è tornato a far sentire la sua voce da un comizio: “Tutto ciò è immorale, squallido, vergognoso e disonorevole”, ha detto a proposito della diffusione dell’audio dell’incontro sulla sicurezza. Anche il ministro degli Esteri Davutoglu ha usato toni duri: la pubblicazione della registrazione su YouTube è un atto di spionaggio e “un’aperta dichiarazione di guerra contro la repubblica turca”, ha detto in una nota, aggiungendo che i responsabili della diffusione del nastro saranno severamente puniti. E in serata il procuratore capo turco ha avviato un’indagine per possibile spionaggio proprio per la pubblicazione dell’audio.

LA CONDANNA DELL’UE. Immediata la reazione dell’Unione europea. In un commento pubblicato su Twitter la vice presidente della Commissione Ue, Neelie Kroes, ha definito il caso “un’altra decisione disperata e sconfortante in Turchia”. “Esprimo il mio sostegno a tutti coloro che appoggiano realmente libertà e democrazia”, afferma Kroes, aggiungendo che “noi in Europa sosteniamo internet aperto e libertà di espressione su internet”. E Google, proprietaria di YouTube, fa sapere tramite una portavoce di avere visto le notizie secondo le quali in Turchia alcuni utenti non possono accedere a Youtube ma che “non c’è alcun problema tecnico da parte nostra e stiamo verificando la situazione”.

IL PRECEDENTE BLOCCO DI TWITTER. Il precedente blocco, quello di Twitter, era stato introdotto nella notte fra giovedì e venerdì scorso. Quel divieto era arrivato alcune ore dopo le dichiarazioni di Erdogan, che durante un comizio elettorale aveva minacciato di “sradicare” il social network a seguito della pubblicazione in rete di registrazioni telefoniche che dimostrerebbero l’implicazione dello stesso premier turco in atti di corruzione. “Non mi interessa cosa dirà la comunità intenrnazionale”, aveva affermato. Anche in quel caso l’Ue aveva condannato la decisione, definendola un atto “”infondato, privo di scopo e codardo”. Ma la scelta aveva provocato una spaccatura all’interno della stessa Turchia, il cui presidente Abdullah Gul, intervenendo proprio con un tweet, aveva espresso il proprio disaccordo con Erdogan: “Un blocco totale delle piattaforme di social media non può essere approvato”, aveva scritto.

TRIBUNALE ORDINA STOP BLOCCO TWITTER. Ieri un tribunale amministrativo di Ankara aveva ordinato una sospensione temporanea del blocco di Twitter. La Corte si era pronunciata basandosi sui principi della libertà di espressione e del diritto alla libera comunicazione, previsti sia dalla Costituzione turca sia dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Un funzionario del governo, però, aveva fatto sapere che l’authority turca per le telecomunicazioni ha 30 giorni di tempo per applicare la decisione. Intanto Twitter, tramite la sua General counsel Vijaya Gadde, ha fatto sapere di avere presentato petizioni in diverse Corti della Turchia per ribaltare lo stop. Gadde spiega che due dei tre ordini di tribunale citati dalle autorità turche come motivo per il blocco sono legati a contenuti che violavano anche le regole di Twitter e sono stati rimossi. Il terzo ordine invece è legato ad accuse di corruzione a carico di un ex ministro ed è stato contestato in sede legale.

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