Sinferopoli (Ucraina), 16 mar. (LaPresse/AP) – In Crimea si sta votando oggi in un referendum organizzato rapidamente per decidere se la regione voglia staccarsi dall’Ucraina e passare sotto il controllo della Russia. La consultazione si sta svolgendo nonostante la condanna della comunità internazionale, che ha definito il voto illegittimo. In Crimea, penisola nel sud dell’Ucraina, vivono 2 milioni di persone e gli aventi diritto al voto sono 1,5 milioni. La maggioranza della popolazione della regione è russofona e Mosca, dopo che a Kiev si è insediato un nuovo governo a seguito delle proteste e della fuga di Viktor Yanukovych, è intervenuta nella penisola sostenendo di dovere garantire protezione ai propri connazionali dal nazionalismo radicale salito al potere. La Russia non ha fornito prove di minacce concrete ai cittadini russi e la leadership di Kiev definisce quanto sta avvenendo in Crimea un’invasione. Il voto era inizialmente previsto per il 30 marzo, ma è stato poi anticipato a oggi.
Di seguito l’analisi di come e perché si è arrivati al rischio secessione e le ipotesi di cosa potrebbe succedere dopo il referendum.
COME E PERCHE’ SI È ARRIVATI AL REFERENDUM. Il referendum di oggi in Crimea minaccia l’integrità territoriale dell’Ucraina e il percorso che ha portato fino alla sua convocazione ha avuto origine con la fuga di Yanukovych da Kiev in Russia, dopo la morte di almeno 80 manifestanti nelle proteste di piazza intorno al Maidan. Yanukovych godeva del sostegno del Cremlino e aveva la sua base elettorale proprio nel sud e nell’est dell’Ucraina, zone a maggioranza russofona. Le proteste contro il governo erano cominciate dopo che lo scorso 21 novembre Yanukovych aveva annunciato la sospensione dei preparativi per firmare l’accordo di associazione con l’Ue, preferendo privilegiare i rapporti con la Russia. Dopo settimane di manifestazioni pacifiche sono esplose le violenze e, alla fine di febbraio, sono morti appunto decine di dimostranti. A quel punto, con la mediazione dell’Ue, il 21 febbraio è stato raggiunto un accordo fra Yanukovych e i rappresentanti dell’opposizione, che prevedeva elezioni presidenziali anticipate, un nuovo governo che includesse rappresentanti dell’opposizione e modifiche alla Costituzione per ridurre i poteri del presidente. Tuttavia già il giorno dopo quell’accordo è stato disatteso: i manifestanti hanno annunciato di avere preso il controllo di Kiev e il Parlamento, riunitosi in una sessione speciale, ha rimosso dalla presidenza Yanukovych, mentre lui è fuggito prima nell’est dell’Ucraina e poi in Russia. Subito dopo il Parlamento ha nominato un nuovo presidente, Oleksandr Turchynov, e qualche giorno dopo anche un nuovo governo.
Fra i primi provvedimenti approvati dal nuovo Parlamento (nuovo perché intanto si erano dimessi numerosi deputati) c’è stata l’eliminazione del riconoscimento delle lingue regionali, cioè quelle delle minoranze. Naturalmente la misura ha messo in allarme le parti russofone dell’Ucraina e Mosca ha espresso la sua indignazione per l’avanzata di gruppi nazionalisti radicali.
I QUESITI DEL REFERENDUM E LA CAMPAGNA ELETTORALE. Due i quesiti ai quali sono chiamati a rispondere oggi gli elettori della Crimea: il primo è ‘Sostieni la riunificazione della Crimea con la Russia?’, che prevede dunque l’annessione a Mosca; il secondo è ‘Sostieni il ripristino della Costituzione della Repubblica di Crimea del 1992 mantenendo lo status della Crimea come parte dell’Ucraina?’, che prevederebbe un’estensione dell’autonomia dall’Ucraina. La campagna elettorale si è svolta sotto gli occhi minacciosi di milizie locali sostenute dalla Russia, oltre che di soldati pesantemente armati e sotto l’apparente comando di Mosca. La Russia ha tuttavia negato di avere dispiegato suoi soldati. La comunicazione pre referendum ha principalmente creato allarme sui presunti piani del nuovo governo ucraino di marginalizzare la parte russa della popolazione. Uno dei cartelloni che invitava ad andare al voto, per esempio, mostrava due mappe della Criema: una con il tricolore della bandiera russa e l’altra che si stagliava su uno sfondo rosso con una svastica, in riferimento alla presenza di nazionalisti nella nuova leadership di Kiev. I sostenitori del referendum sostengono che sia una consultazione molto simile a quella che si terrà quest’anno in Scozia, ma le autorità britanniche ribattono che il voto scozzese è diverso perché è in programma da due anni e si terrà in un clima di discussione libera. In Crimea invece il referendum è in programma da meno di due settimane e c’è stato poco dibattito pubblico in merito.
COSA SUCCEDERA’ DOPO IL VOTO: SANZIONI A MOSCA, RISCHI DI GUERRA E PULIZIA ETNICA. Cosa succederà se, come si ritiene, il referendum terminerà con un sì all’adesione alla Russia? Innanzitutto l’ultima parola sull’annessione dovrà arrivare formalmente da Mosca: il Cremlino ha già annunciato che riconoscerà il risultato del voto ma il premier della Crimea, Sergei Aksyonov, ha spiegato che da un punto di vista formale per completare il processo di annessione potrebbe volerci un anno. In secondo luogo è probabile che la Russia affronterà sanzioni da parte di Stati Uniti e Unione europea (proprio per domani è in programma a Bruxelles un incontro dei ministri degli Esteri dell’Ue), che ritengono il referendum in Crimea illegale. Washington ha minacciato l’ipotesi di un’esclusione della Russia dal G8 e l’Ue sta valutando una serie di provvedimenti, che vanno dal congelamento dei beni per diverse personalità, all’introduzione di restrizioni sui visti, alle sanzioni economiche. In terzo luogo bisognerà capire cosa faranno i soldati ucraini, attualmente di stanza in diverse postazioni in Crimea: le autorità pro Russia della penisola hanno affermato che, se i militari ucraini che occupano i presidi della regione non si arrenderanno dopo l’esito del referendum di oggi, dovranno essere considerati illegali; dall’altra parte il ministro della Difesa dell’Ucraina, Igor Tenyuk, replica che “questa è la nostra terra e non andremo da nessun’altra parte”. In quarta istanza, infine, la minoranza tartara musulmana in Crimea (che costituisce un decimo della popolazione della regione) avverte del rischio di una potenziale pulizia etnica ai suoi danni nelle prossime settimane in caso di annessione.
RISCHIO SECESSIONE ANCHE PER L’EST DELL’UCRAINA. Una volta che la Crimea dovesse passare tramite referendum a Mosca, l’attenzione si sposterebbe sulla zona est dell’Ucraina, anch’essa a maggioranza russa. Negli ultimi giorni ci sono stati violenti scontri fra pro e anti russi a Donetsk e si teme che il caso Crimea possa creare un precedente e faccia da catalizzatore nell’est. Per il 25 maggio sono fissate nuove elezioni presidenziali, che le autorità di Kiev considerano un’opportunità di ripristinare il processo democratico in un Paese attualmente gestito da un governo ad interim nato dall’ampio spettro eterogeneo dei partecipanti alle proteste, che andava dai movimenti pro Ue ai nazionalisti. La situazione di incertezza e scarsa sicurezza, tuttavia, potrebbe minare la fiducia nello strumento elettorale.
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