Dal nostro inviato Fabio De Ponte
Herat (Afghanistan), 17 feb. (LaPresse) – Una casa delle donne, dove possano sentirsi al sicuro e rilassarsi, leggendo un libro o facendo dello sport. E’ il progetto della ‘female garden’ (il giardino delle donne), in via di apertura in una palazzina di due piani alla periferia di Herat, in Afghanistan, con un ampio terreno intorno circondato da un recinto in muratura. Il progetto è uno di quelli finanziati dal Provincial Reconstruction Team italiano con fondi del ministero della Difesa, ed è condotto da due associazioni dedicate alle donne. Una si occupa di sport e l’altra di tutela legale: la prima si chiama Women economy, social and sport develompent (sviluppo economico, sociale e sportivo per le donne), la seconda Voice of Women (voce delle donne).
“Abbiamo questa associazione sportiva dal 2002 – racconta la presidente Firoza Wahedy -. Abbiamo iniziato con cricket e teakwondo.
Oggi facciamo anche pallavolo e basket. Qui alla casa delle donne vogliamo realizzare un centro sportivo per tante discipline diverse.
Per le donne lo sport è importante perché permette di costruire una rete di conoscenze e di amicizie. E il teakwondo è un’arte marziale che può aiutare con l’autodifesa. Stiamo controllando bene la forma del terreno. Vorremmo organizzare qui anche gare femminili di ciclismo e motociclismo”. Mentre parla, in giardino un gruppo di adolescenti gioca a cricket. Accanto a Firoza c’è il marito, che la ascolta in silenzio. “Lui mi sostiene, è d’accordo con me”, spiega. Hanno insieme quattro figli, tre femmine e un maschio.
“Noi abbiamo iniziato nel 1998, in un periodo molto difficile per l’Afghanistan, sotto i talebani”, racconta Suraya Pakzad, direttrice della Voice of Women. “Prima ci concentrammo – spiega – sull’educazione delle ragazze che non avevano avuto l’opportunità di andare a scuola, ma poi decidemmo di dedicarci alle madri, in modo che gli effetti positivi coinvolgessero tutta la famiglia. Cerchiamo di renderle consapevoli dei propri diritti”.
“In Afghanistan – spiega – non hanno facile accesso al sistema giudiziario. Offrendo assistenza legale ci rendemmo conto che le donne non avevano un posto dove andare in caso di abusi da parte dei mariti o dei padri. Così nel 2005 realizzammo la nostra prima casa protetta a Herat. Da allora ne aprimmo altre quattro, una in ciascuna provincia dell’area ovest dell’Afghanistan”, anche grazie al contributo del Prt. “Sono così grata – sottolinea – del sostegno del governo italiano. Adesso tutte le donne della regione possono accedere alla nostra assistenza legale gratuita e alla consulenza familiare”.
Un po’ per volta le cose stanno cambiando. “Anche il governo – racconta – ha iniziato a rispettarci. Qualche giorno fa il governatore di Herat, Abdul Hamid Noor, mi ha telefonato per chiedermi se noi eravamo d’accordo su una loro decisione. E’ un vero cambiamento di mentalità. Non lo si può misurare ma si percepisce da questi segnali. Vuol dire che siamo sulla strada giusta. In questa casa vogliamo che le donne possano venire e sentirsi al sicuro. Per leggere o per fare un pic-nic. La biblioteca è già pronta”.

