Tokyo (Giappone), 31 ott. (LaPresse/AP) – La pesca di piccoli cetacei, delfini e focene da parte del Giappone sta minacciando alcune specie in via di estinzione. Lo denuncia la Environmental Investigation Agency, ong britannica che indaga e diffonde informazioni sui crimini ambientali. In un rapporto, riporta che dati raccolti per oltre 20 anni mostrano che alcune specie sono state pescate oltre il punto critico per il mantenimento del numero di esemplari. La minaccia non arriva solo dal mercato alimentare, ma anche da quello degli acquari, specialmente cinese. Gli animali vivi, si apprende, sono venduti a cifre che vanno da 8.400 dollari a 90mila dollari. La carne di un solo tursiope, della famiglia dei delfini, è venduta a circa 50mila dollari. Il Giappone ha fissato il suo limite di pesca di piccoli cetacei a 16.655 esemplari nel 2013, ben al di sotto dei 30mila catturati ogni anno prima che il tetto fosse introdotto nel 1993. Si tratta ancora del numero più alto al mondo.
L’agenzia per la pesca di Tokyo non ha commentato il dossier pubblicato dalla ong, mentre il governo del Paese difende la pesca alle balene come una antica tradizione, fonte di sostentamento e necessità per la ricerca scientifica. Il Giappone, denuncia il gruppo con base a Londra, non sta rispettando gli obiettivi di sostenibilità, quindi deve eliminare gradualmente la pratica entro il prossimo decennio. “Il governo ha la responsabilità di ripristinare e mantenere le specie di cetacei ai loro precedenti livelli”, ha dichiarato Jennifer Lonsdale, fondatore del gruppo.
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