Damasco (Siria), 29 set. (LaPresse) – “Abbiamo aderito all’accordo internazionale sulle armi chimiche. Dobbiamo rispettare tutti gli accordi che firmiamo”. Così il presidente siriano Bashar Assad ha promesso di mantenere fede agli impegni presi con la comunità internazionale, nel corso dell’intervista rilasciata a Damasco a RaiNews24, la prima da quando il Consiglio di sicurezza Onu ha approvato al risoluzione sulla Siria. Assad ha ribadito che l’esercito non ha fatto uso di armi chimiche, non solo nell’attacco vicino Damasco del 21 agosto, ma durante tutta la durata del conflitto. In proposito, ha nuovamente accusato i ribelli di averle utilizzate, dicendo che il suo governo ne ha “prove complete”.

Alla domanda sulla partecipazione sua e del regime alla conferenza di Ginevra 2, ha spiegato che ancora non è stato scelto chi potrà rappresentare Damasco: “Dipende dal contesto e dai criteri su cui la conferenza si baserà”, perché “non possiamo dialogare con al-Qaeda o con i terroristi, con coloro che chiedono l’intervento straniero in Siria”. E di opposizione, ha spiegato, in Siria non si può parlare perché “chi usa le armi, distrugge e uccide, in tutto il mondo viene chiamato terrorista”.

Assad ha criticato anche il ruolo dell’Unione europea a proposito della crisi siriana, accusandola: “Come si fa a parlare di credibilità, se parla di aiuti umanitari e poi impone un così grave embargo?”. Quindi ha imputato alla “maggior parte delle nazioni europee di aver adottato la prassi americana nel trattare con gli altri Paesi”, ovvero di “tagliare del tutto i rapporti quando c’è disaccordo”. E sulla possibilità di lasciare l’incarico di presidente o di andarsene dal Paese ha spiegato che sarebbe disposto a farlo se lo ritenesse un bene per la Siria. “Se abbandonare il mio incarico migliorasse la situazione – ha detto – lo lascerei. Ma come presidente devo restare al mio posto nel mezzo della tempesta”.

Dicendo che solo in futuro valuterà se ricandidarsi alle elezioni previste per il 2014, ha promesso: “Bisogna cacciare i terroristi e interrompere l’invio di armi e il supporto logistico che arrivano loro dall’esterno. Dopo aver risolto questo, l’unica strada è quella delle elezioni: io obbedirò al volere del popolo. Non ci sono alternative”. Intanto, secondo l’ultimo bilancio Onu, le vittime nel conflitto che dura da due anni e mezzo sono oltre centomila. Da quanto riportano gli attivisti dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, questa mattina, in uno degli ultimi episodi di violenza, i jet del regime hanno bombardato una scuola superiore a Raqqa, l’unico capoluogo provinciale sotto il controllo dei ribelli. Dodici le vittime, di cui almeno otto ragazzi.

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