Gerusalemme, 9 ago. (LaPresse/AP) – Braccio di ferro di Israele con l’Ue sulla cosiddetta clausola territoriale introdotta da Bruxelles, che blocca di fatto i finanziamenti europei a Gerusalemme Est, Cisgiordania e alture del Golan, schierandosi in modo chiaro a favore delle richieste palestinesi per il loro futuro Stato. La clausola è stata inserita nelle linee guida sul programma europeo Horizon 2020, che prevede lo stanziamento di fondi per la ricerca; nei prossimi giorni cominceranno i negoziati fra Tel Aviv e Unione europea sulla firma del programma ma Israele ha fatto sapere che, piuttosto che accettare la clausola, non siglerà l’accordo.

ISRAELE: NIENTE ACCORDO CON UE SE CLAUSOLA RESTA. “Noi vogliamo firmare e siamo pronti a negoziare, ma se le condizioni sono le stesse di quelle di oggi, che sono senza precedenti, non possiamo firmare”. Questa in breve la posizione di Tel Aviv, espressa stamattina dal vice ministro degli Esteri, Zeev Elkin, ai microfoni di Israel Radio. Si discute del programma dell’Ue Horizon 2020, valido per sette anni e che dovrebbe cominciare nel 2014, che prevede lo stanziamento di fondi per la ricerca. Israele è stato invitato a partecipare ma il mese scorso, nelle linee guida del programma, la Commissione Ue ha inserito la cosiddetta clausola territoriale che in sostanza porta a questo: stanziamento di fondi sì, ma dall’Ue nessun finanziamento ai territori occupati passando per Israele. Ieri sera, visto che i colloqui per la firma dell’intesa sono imminenti, si è tenuto un Consiglio dei ministri indetto dal premier Benjamin Netanyahu per stabilire una linea comune, e la conclusione è stata appunto questa. Netanyahu guida una coalizione di centro-destra che include numerosi politici favorevoli alla costruzione di insediamenti nelle colonie, che sono quindi molto reticenti ad accettare la nuova “clausola territoriale” dell’Ue.

LA CLAUSOLA TERRITORIALE. La clausola contestata prevede che dal 2014 le autorità israeliane dovranno garantire che i fondi europei e i progetti di cooperazione siano diretti solo all’area dei confini di Israele precedenti al 1967, escludendo quindi Gerusalemme Est, Cisgiordania e alture del Golan, cioè i territori rivendicati dai palestinesi per il loro futuro Stato. L’obiettivo dell’Ue era di fare una distinzione, nel momento in cui entra in ballo il sostegno europeo, fra Stato di Israele e territori occupati, prendendo di fatto posizione a favore della richiesta dei palestinesi che i confini del loro futuro Stato si basino su quelli precedenti alla guerra dei sei giorni del 1967.

L’IRA DI NETANYAHU E IL PLAUSO DEI PALESTINESI. Quando lo scorso 16 luglio era stata annunciata l’introduzione della clausola, la reazione di Israele era stata molto dura. Il premier Benjamin Netanyahu aveva affermato che lo Stato ebraico “non accetterà nessun editto dall’esterno” a proposito dei suoi confini, aggiungendo che la questione dei territori può essere decisa solo tramite negoziati con i palestinesi. La mossa aveva ottenuto invece il plauso dei palestinesi. “Questo è l’inizio di una nuova era. Israele dovrebbe ascoltare con attenzione e capire che questa occupazione non può continuare senza obblighi di rispondere delle proprie azioni”, aveva dichiarato la deputata palestinese Hanan Ashrawi.

UE NON VUOLE METTERE A RISCHIO NEGOZIATI DI PACE. – La Commissione Ue ha commentato la notizia di oggi dicendo di essere al corrente del fatto che Israele ha intenzione di chiedere chiarimenti sulla clausola territoriale. “Siamo pronti a organizzare delle discussioni durante le quali potranno essere forniti questi chiarimenti e non vediamo l’ora di continuare la cooperazione Ue-Israele, anche nel settore della cooperazione scientifica”, ha detto il portavoce dell’Alto commissario per la politica estera dell’Unione europea Catherine Ashton, Michael Mann. L’Europa vuole probabilmente evitare tensioni con Israele in un momento in cui i colloqui di pace fra israeliani e palestinesi stanno ripartendo dopo cinque anni di stallo.

È tuttavia improbabile che l’Ue acconsenta ai cambiamenti richiesti da Israele, dal momento che Catherine Ashton ha affermato il mese scorso con chiarezza che “ribadisce la posizione assunta da tempo che gli accordi bilaterali con Israele non coprono i territori assunti sotto l’amministrazione di Israele a giugno del 1967”. Gli insediamenti nei territori occupati, in cui vivono circa 560mila israeliani, sono considerati illegali dalla maggior parte della comunità internazionale, compresa l’Ue. Il programma Horizon 2020 vale 80 miliardi di euro: se Israele deciderà di aderire dovrà versare circa 600 milioni di euro e riceverà probabilmente finanziamenti per oltre un miliardo di euro. Israele ha già partecipato al programma di partnership che si sta concludendo e non siglare l’accordo nuocerebbe agli interessi economici e di ricerca del Paese.

NUOVI COLLOQUI DI PACE LA PROSSIMA SETTIMANA. Ieri il dipartimento di Stato americano ha annunciato che la prossima settimana, il 14 agosto, si terrà un nuovo round di colloqui fra Israele e palestinesi a Gerusalemme, a cui seguirà un ulteriore incontro a Gerico, in Cisgiordania. A questi colloqui sarà presente l’inviato speciale Usa per il Medioriente, Martin Indyk.

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