Beirut (Libano), 15 mag. (LaPresse/AP) – Nuova giornata di violenze in Siria, dove i ribelli hanno tentato di attaccare il carcere di Aleppo e su tutto il territorio si è registrata per la seconda volta nel giro di poco più di una settimana una nuova lunga interruzione dei servizi internet.
BLACKOUT SERVIZI INTERNET. Secondo la compagnia di monitoraggio statunitense Renesys, la rete si è interrotta alle 10 di questa mattina, quando in Italia erano le 9. E, da quanto riporta il ministero delle Comunicazioni di Damasco, dopo oltre otto ore, il servizio è stato ripristinato. Non è chiaro cosa abbia causato il blackout, simile a quello dello scorso 7 maggio, ma il governo punta il dito contro i ribelli impegnati in un attacco a circa 60 chilometri a nord di Damasco, sostenendo che abbiano tagliato un cavo.
RESPINTO ATTACCO A CARCERE ALEPPO. L’episodio di maggiore tensione della giornata è stato l’assalto ribelli al carcere centrale di Aleppo. Questa mattina i combattenti dell’opposizione hanno fatto esplodere due autobombe all’esterno della prigione, nel tentativo di entrare nella struttura e liberare centinaia di oppositori del governo di Bashar Assad. In seguito alle esplosioni sono scoppiati violenti scontri con le forze di sicurezza, nel corso dei quali, riporta l’Osservatorio siriano per i diritti umani, hanno perso la vita almeno 15 soldati. Non è disponibile invece una stima delle perdite tra i ribelli. In serata, l’agenzia di stampa statale Sana ha fatto sapere che le forze del governo hanno respinto l’assalto.
OFFENSIVA PER OTAYBAH. Sempre oggi, ribelli siriani e combattenti di Jabhat al-Nusra hanno unito le forze per tentare di riprendere il controllo di Otaybah, città a est di Damasco caduta lo scorso mese nelle mani del governo centrale, e riaprire così una via necessaria al rifornimento di armi. Lo fa sapere l’Osservatorio, secondo cui almeno 23 formazioni ribelli e unità del gruppo legato ad al-Qaeda stanno combattendo per contrastare le truppe fedeli al presidente Assad.
UNHCR LANCIA ALLARME RIFUGIATI. Intanto, a ormai oltre due anni dall’inizio del conflitto, l’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni unite lancia un nuovo allarme. Secondo quanto ha riferito Andrew Harper, rappresentante dell’Unhcr in Giordania, i continui scontri e le violenze in Siria hanno fatto sì che un numero senza precedenti di siriani siano fuggiti in Libano, Giordania, Turchia e Iraq, portando le risorse idriche e alimentari di questi Paesi al limite. L’Onu, ha denunciato Harper, ha ricevuto per ora solo la metà del miliardo e mezzo di dollari promessi dai donatori internazionali, per coprire i bisogni dei rifugiati fino a giugno. La Giordania, spiega un portavoce del governo di Amman per gli affari dei rifugiati, ospita 535mila profughi siriani, e oltre 150mila hanno trovato rifugio nel campo di Zaatari vicino al confine con la Siria. Secondo l’Unhcr il numero totale dei rifugiati siriani in Giordania potrebbe raddoppiare entro la fine dell’anno.
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