Città del Guatemala (Guatemala), 5 apr. (LaPresse/AP) – Omicidi, bombardamenti, atrocità di diverso tipo contro la popolazione indigena. E ora anche accuse contro l’attuale presidente Otto Perez Molina. Prosegue in Guatemala il processo per genocidio contro l’ex dittatore Efrain Rios Montt, incriminato, insieme al suo ex capo dell’intelligence, per la morte di 1.771 indigeni maya durante la dittatura militare di cui fu a capo dal 23 marzo 1982 all’8 agosto 1983. Periodo in cui guidò una guerra sostenuta dagli Stati Uniti contro l’insurrezione.

In queste ultime settimane si sono susseguite diverse testimonianze di sopravvissuti e parenti delle vittime. Mentre ieri ha parlato un soldato, Hugo Reyes, che ha tirato in ballo l’attuale presidente Perez Molina, sostenendo che sia stato a sua volta coinvolto nelle atrocità della guerra civile. Il militare, all’epoca meccanico in una brigata di ingegneria in una delle zone più colpite dalle violenze, ha detto alla corte che Perez Molina, maggiore dell’esercito nei primi anni Ottanta, avrebbe ordinato ai soldati di agire appiccando incendi e saccheggiando villaggi. “I soldati, su ordine del maggiore ‘Tito Arias’, meglio conosciuto come Otto Perez Molina, hanno coordinato incendi e saccheggi, per poi uccidere persone”, ha dichiarato Reyes attraverso un collegamento in video conferenza.

Perez Molina, generale in congedo, è stato eletto capo di Stato per il Partito patriottico, conservatore, ed è entrato in carico il 14 gennaio 2012. Secche sono arrivate le smentite. Il segretario generale della presidenza, Gustavo Martinez, ha liquidato le parole di Reyes, definendole “dichiarazioni malintenzionate e in cattiva fede”. Il presidente, ha aggiunto, si riserva il diritto di intraprendere azioni legali contro il soldato.

In linea con le precedenti testimonianze, che hanno raccontato terribili atrocità, anche Reyes si è concentrato su alcuni episodi della guerra sporca. “Le persone che vennero uccise arrivarono al campo già picchiate, torturate, con le lingue tagliate, le unghie strappate”, ha raccontato il soldato. Oltre a quella del militare, sono poi proseguite le testimonianze di alcune vittime del massacro, che hanno ricordato i bombardamenti dei villaggi, ma anche la decapitazione e la mutilazione di parti del corpo degli abitanti locali. “I soldati uccisero un’anziana e poi le tagliarono la testa, con cui si misero a giocare come se fosse un pallone da calcio”, ha raccontato Julio Velasco Raymundo, oggi 40enne, allora bambino.

L’uomo ha inoltre raccontato di aver visto i soldati scavare fosse con delle ruspe, quindi mandare i bambini a raccogliere la spazzatura, che veniva poi buttata sui corpi dei piccoli. Questi ultimi venivano coperti di benzina e veniva dato loro fuoco. E poi i bombardamenti. Il testimone ha ricordato dei raid dell’esercito guatemalteco su villaggi dove vivevano solo civili, e ha quindi raccontato di essere stato salvato da un soldato che lo portò via dal luogo di un massacro, nonostante un altro militare di alto livello lo volesse uccidere: “Ricordo uno specialista che, nonostante ciò che tutti facevano, era una brava persona. Un giorno mi portò via e mi salvò la vita”. Un esperto forense, Mario David Garcia, ha testimoniato che tra i resti delle vittime riesumati anni dopo i massacri, sono stati trovati anche corpi di donne incinte.

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