Algeri (Algeria), 17 gen. (LaPresse/AP) – Si è conclusa l’operazione condotta dall’esercito algerino per liberare gli ostaggi sequestrati da militanti islamici nel giacimento di gas In Amenas, in Algeria. A darne notizia è l’agenzia stampa del Paese Aps. Durante le operazioni, quattro stranieri sarebbero morti, due cittadini britannici e due filippini, ha riportato la televisione di Stato algerina, aggiungendo che i feriti sono 13, sette dei quali stranieri. Il bilancio diffuso in precedenza da Al-Jazeera riferiva di 35 ostaggi e 15 sequestratori uccisi. Tra le vittime ci sarebbe anche il leader del gruppo, Abou El Baraa.
Non è ancora chiara la dinamica degli ultimi eventi ma, secondo quanto riferito da una fonte militante all’agenzia di stampa della Mauritania Nouakchott Information Agency, le vittime sarebbero state provocate da un raid dell’esercito algerino, che da ieri circonda l’impianto. Nel pomeriggio l’esercito avrebbe lanciato un attacco armato con elicotteri d’assalto quando i militanti hanno provato ad abbandonare il complesso su un bus, portando con sè degli ostaggi. Dopo il fatto, il portavoce dei militanti ha fatto sapere che sette ostaggi stranieri erano ancora vivi e nelle mani del gruppo. Tra loro cittadini di Usa, Regno Unito, Belgio e Giappone.
LA FUGA DI ALCUNI RAPITI. Solo poche ore prima, era trapelata la notizia, diffusa da un ufficiale di sicurezza locale, che venti ostaggi stranieri erano riusciti a scappare. Tra le persone fuggite ci sono statunitensi ed europei. In precedenza, l’agenzia di stampa locale Aps aveva fatto sapere che anche una trentina di lavoratori locali erano riusciti a mettersi in salvo. I media locali avevano parlato di quattro ostaggi liberati, mentre in seguito i media ufficiali hanno parlato di 600 dipendenti algerini salvati. Molti, tuttavia, erano già stati dichiarati in salvo ieri dagli stessi militanti. Salvo, con conferma ufficiale, un cittadino irlandese.
L’ATTACCO. L’azione è stata condotta ieri, nel giacimento di In Amenas, a circa 1.300 chilometri a sud della capitale, vicino al confine con la Libia. Il gruppo militante che ha rivendicato l’azione, fondato da Moktar Belmoktar, uomo forte della jihad nel Sahara, aveva riferito ieri di aver preso in ostaggio 41 cittadini stranieri, di almeno nove Paesi diversi, tra cui Usa, Regno Unito, Malesia, Giappone, Norvegia, Irlanda, Francia. Un’azione, ha spiegato, in risposta all’appoggio del governo algerino all’intervento armato francese nel vicino Mali. Dopo l’attacco, l’esercito locale ha circondato il complesso.
CONTATTO CON TUAREG. Questa mattina, il governo di Algeri aveva fatto sapere di aver tenuto colloqui con Usa e Francia sulla possibilità di organizzare un’azione internazionale per mettere fine al sequestro. Secondo un ufficiale rimasto anonimo, i funzionari algerini hanno anche contattato gli anziani tribali tuareg, che si crede siano in stretto contatto con i militanti legati ad al-Qaeda, nel tentativo di trovae una soluzione pacifica alla crisi.
HAGUE: NESSUNA SCUSANTE PER I TERROSTI. Da Londra, il segretario agli Esteri William Hague, non concede scusanti agli assalitori. “I terroristi e gli assassini” responsabili dell’attacco, ha detto intervistato da Bbc Radio, “stanno usando delle scuse, ma non esiste scusa per comportamenti di questo tipo”. Nell’azione hanno anche perso la vita due persone, una guardia algerina e un cittadino britannico. Questa, ha aggiunto Hague, “è una situazione assolutamente inaccettabile. In questo caso si tratta di omicidio a sangue freddo”, “non esiste scusa, che sia essa connessa a Libia, Mali o altri luoghi”.
MOBILITATO ANCHE GOVERNO TOKYO. Preoccupazione per il caso è stata espressa in mattinata anche dal primo ministro giapponese Shinzo Abe. Tra i rapiti ci sono infatti anche alcuni dipendenti dell’azienda Jgc corp, compagnia giapponese che fornisce servizi per le strutture del campo estrattivo. E mentre il premier nipponico è in volo dal Vietnam alla Thailandia come parte di un viaggio in una serie di Paese del sudest asiatico, ufficiali giapponesi e statunitensi si sono incontrati a Tokyo per cooperare e cercare di risolvere la crisi. Il ministro della Difesa Itsunori Onodera ha inoltre chiesto che avvenga uno scambio di informazioni tra i due governi.
I TIMORI DELLA STATOIL. Da vicino sta seguendo il caso anche la compagnia norvegese Statoil che, assieme a Bp e all’algerina Sonatrach gestisce il complesso In Amenas attaccato. Tra i sequestrati sembra ci siano infatti dodici dipendenti dell’azienda, mentre altri cinque cono riusciti a mettersi in salvo. “A un giorno dall’attacco di In Amenas – aveva dichiarato questa mattina Helge Lund, amministratore delegato di Statoil – stiamo ancora affrontando una situazione non risolta e molto seria”. Dopo le prime notizie diffuse ieri, ha aggiunto Lund, “la Statoil ha preso la situazione molto seriamente. Tutti i nostri sforzi sono concentrati sul riportare i nostri dipendenti a casa in salvo, così come sul fornire assistenza che possiamo a famiglie e amici, colleghi e altri dipendenti. Abbiamo mobilitato ogni risorsa disponibile” e “stiamo cooperando con le autorità norvegesi e internazionali, così come le altre compagnie rimaste coinvolte nell’incidente”.
COMPAGNIE STRANIERE SFOLLANO PERSONALE. Le compagnie petrolifere straniere presenti in Algeria hanno trasferito o stanno per trasferire i propri dipendenti, temendo per la sicurezza. La spagnola Compañia Española de Petroleos (Cepsa) ha fatto sapere di aver mandato il personale di due sue sedi nel centro del Paese, come misura precauzionale. Ha precisato però che le operazioni proseguono normalmente. La britannica Bp ha invece annunciato l’intenzione di far uscire dal Paese parte dei dipendenti non fondamentali. Anche la norvegese Statoil ha dichiarato che rimpatrierà circa 40 dipendenti la cui presenza in Algeria non è fondamentale.
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