Nuova Delhi (India), 7 gen. (LaPresse/AP) – Caos in aula al tribunale di Nuova Delhi nel giorno in cui i cinque sospettati dello stupro della studentessa indiana, poi morta per le ferite riportate, sono comparsi per la prima volta alla sbarra. Nel corso dell’udienza, a porta chiuse come disposto dal giudice, gli avvocati presenti in aula hanno infatti urlato contro il collega, ML Sharma, che ha volontariamente assunto la difesa dei sospettati, accusandolo di essere in cerca di pubblicità. La Saket Bar Association, associazione degli avvocati locale, aveva annunciato che nessuno dei suoi membri li avrebbe difesi. ML Sharma ha invece spiegato di aver assunto la difesa dei cinque dopo che i loro familiari lo hanno pregato di farlo.
L’episodio che ha sconvolto l’intero Paese è avvenuto il 16 dicembre scorso, quando la 23enne salì su un bus della capitale insieme a un amico, e fu aggredita dal gruppo. La giovane è poi morta dopo giorni di agonia, in un ospedale di Singapore. Del branco è sospettata di fare parte anche una sesta persona, un ragazzo di 17 anni, che verrà processato in un tribunale minorile e rischia al massimo tre anni di riformatorio. Per gli altri cinque, invece, le accuse di omicidio, stupro e altri reati di cui dovranno rispondere potrebbero comportare la pena di morte.
Nel corso dell’udienza, il giudice, secondo quanto riporta l’emittente Ndtv sul proprio sito web, ha intanto annunciato che l’avvocato non potrà incontrare gli accusati negli uffici del tribunale. Potrà però recarsi al carcere di Tihar, dove sono detenuti, per firmare il documento che lo impegna come difensore. Una volta che la nomina sarà formalizzata, il caso potrà essere trasferito al tribunale speciale istituito la scorsa settimana per le violenze contro le donne. Oggi, intanto, gli accusati hanno ricevuto i fascicoli in cui sono elencate le accuse nei loro confronti. Alcuni giorni fa il procuratore Rajiv Mohan aveva fatto sapere che i test del dna hanno confermato che le tracce di sangue sui vestiti di tutti gli accusati appartengono alla vittima. Ieri due degli imputati avevano offerto di diventare informatori e testimoniare contro gli altri, probabilmente nel tentativo di evitare la pena di morte.
Intanto nei giorni scorsi il ragazzo che si trovava con la studentessa ha raccontato in un’intervista all’emittente Zee News come si è svolta l’aggressione, durata 2 ore e mezza. Dopo che i due sono stati buttati giù dal bus e lasciati vicino a una strada, un passante li ha visti, ma non si è fermato ad aiutarli. I poliziotti arrivati sul luogo hanno discusso per stabilire di chi fosse la competenza del caso prima di offrire assistenza alla coppia. La legge indiana vieta l’identificazione delle vittime di stupro, ma ieri il padre della giovane in un’intervista al Sunday People ha rivelato come si chiamava la figlia, Jyoti Singh Pandey. Conoscere il suo nome, ha spiegato l’uomo, potrebbe essere utile a dare “coraggio ad altre donne sopravvissute a questo tipo di attacchi”. Benché né il ragazzo né Zee News abbiano invece rivelato il nome della donna, la polizia ha aperto un’indagine contro l’emittente dopo la trasmissione dell’intervista, affermando che essa ha rivelato troppi dettagli.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata