Beirut (Libano), 22 dic. (LaPresse/AP) – I ribelli siriani hanno lanciato un ultimatum alle città cristiane di Mahrada e Sqailbiyeh, nella provincia di Hama, sostenendo che l’esercito governativo le stia utilizzando come base per attaccare le aree vicine. In un video, Rashid Abul-Fidaa, comandante della Brigata Ansar di Hama, chiede ai residenti di “cacciare le bande di Assad”, altrimenti i combattenti dell’opposizione attaccheranno i due centri abitati. I cristiani, che compongono circa il 10 per cento della popolazione siriana totale, temono che le violenze che stanno insanguinando la Siria da ormai quasi due anni possano trasformarsi in un nuovo Iraq, e che loro possano diventare vittima degli scontri tra gruppi islamici rivali.
“Le bande di Assad nelle città – dice il comandante ribelle nel video – stanno bombardando i nostri villaggi con colpi di mortaio e razzi, distruggendo le nostre case, uccidendo i nostri bambini e mettendo in fuga la nostra gente”. Poi, rivolgendosi alla popolazione delle città cristiane, continua: “Dovete compiere il vostro dovere e cacciare le bande di Assad, altrimenti i nostri combattenti attaccheranno i loro nascondigli”. Rashid Abul-Fidaa accusa le forze armate del governo di Damasco di aver preso posizione nelle due città per “incitare la lotta settaria” tra cristiani e l’opposizione sunnita. Assad fa parte della minoranza alawita. Mahrada è la città di Ignazio IV Hazim, patriarca greco-ortodosso di Antiochia, morto il 5 dicembre scorso all’età di 92 anni.
Rami Abdul-Rahman, che guida l’Osservatorio siriano per i diritti umani, riferisce che diversi cristiani e alawiti hanno già lasciato la provincia di Hama negli ultimi giorni per fuggire alle violenze. Alcuni hanno trovato rifugio nella città costiera di Tartus. Nelle ultime settimane, i ribelli hanno aperto un nuovo fronte contro le forze del governo attaccando posti di blocco e postazioni dell’esercito nella regione centrale.
Parlando ai giornalisti a Damasco, John X. Yaziji, il successore di Ignazio IV Hazim, ha spiegato che la Chiesa è “profondamente radicata in Siria” e che i cristiani nel Paese non sono coinvolti nel conflitto e continueranno a coesistere con la popolazione della regione. Quindi ha esortato le fazioni siriane a negoziare un accordo attraverso il dialogo. “Noi staremo qui, questa è la nostra terra”, ha aggiunto.
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