Washington (Usa), 19 dic. (LaPresse/AP) – Problemi di gestione e di leadership sistematici “tra due uffici del dipartimento di Stato” Usa hanno causato un livello di sicurezza “gravemente” inadeguato della missione statunitense a Bengasi in Libia. Sono le conclusioni dell’indagine indipendente condotta dall’Accountability Review Board sull’attacco avvenuto al consolato americano nella città libica l’11 settembre scorso, in cui hanno perso la vita l’ambasciatore Chris Stevens e altri tre funzionari Usa.

Il rapporto concentra le critiche sugli uffici della Sicurezza diplomatica e degli Affari del Vicino oriente, sostenendo che sembra esserci stata una mancanza di cooperazione e confusione sulla protezione della missione. Nonostante le osservazioni, l’indagine ha sottolineato che nessun singolo ufficiale ha violato o ignorato i propri doveri, e per ora non raccomanda alcun tipo di azione. Tuttavia, ha ribadito come lo scarso rendimento dei dirigenti potrebbe essere tenuto in considerazione per raccomandazioni disciplinari in futuro.

Subito dopo l’attacco, i funzionari dell’amministrazione collegarono l’episodio con l’ondata di proteste scoppiata nel mondo islamico dopo la diffusione di un film su Maometto, ipotesi poi scartata in un secondo momento. L’indagine indipendente ha determinato che quel giorno, undicesimo anniversario dell’attacco dell’11 settembre 2001, non c’erano immediate minacce di un possibile attacco contro il consolato. Tuttavia, si erano verificati alcuni episodi preoccupanti nel periodo precedente che avrebbero dovuto mettere in guardia su un possibile assalto. Pur criticando la gestione del dipartimento di Stato a Washington e delle guardie locali da cui dipendeva la sicurezza della missione, il rapporto spiega che il personale Usa a Bengasi ha lavorato “con coraggio e disponibilità, rischiando la vita per proteggere i colleghi in una situazione quasi impossibile”. Il documento evidenzia inoltre che la risposta degli agenti della sicurezza diplomatica e degli operativi della Cia in un complesso vicino, a sua volta vittima di un attacco, è stata “tempestiva e adeguata”. “Semplicemente – aggiunge – non c’è stato abbastanza tempo per le risorse armate militari Usa di fare la differenza”.

Il dipartimento di Stato ha inviato una versione classificata del rapporto ai membri del Congresso ieri, e poco dopo ha diffuso una versione declassificata. Il documento avanza 29 raccomandazioni per migliorare la sicurezza delle ambasciate, in particolare in luoghi ad alto rischio. In una lettera di accompagnamento al Congresso, il segretario di Stato Hillary Clinton ringrazia il board per lo “sguardo serio alle sfide sistematiche”, sottolineando di aver accettato tutte le raccomandazioni e di aver già provveduto a metterne in atto alcune. Tra esse l’aumento, in termini di centinaia, delle guardie della Marina di stanza alle missioni diplomatiche nel mondo, anche per contare meno sulle forze di sicurezza locali per la protezione delle missioni diplomatiche, così come l’aumento di agenti altamente qualificati per la sicurezza diplomatica nei luoghi a rischio.

Il rapporto chiede anche al Congresso di finanziare pienamente le iniziative del dipartimento di Stato, sottolineando come questo non sia avvenuto in passato. “Per anni – si legge – il dipartimento di Stato è stato impegnato in una lotta per ottenere le risorse necessarie a svolgere il suo lavoro con vari gradi di successo”. Questo, aggiunge, “ha avuto l’effetto di condizionare alcuni dirigenti del dipartimento di Stato a favorire la limitazione dell’uso di risorse come orientamento generale”.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata